19 giugno 2021

Due proroghe in cambio del futuro. Cosa accade in assenza di uno spirito riformista

Autore: Paolo Iaccarino
Per ora sono solo voci di corridoio, notizie rubate nei lavori parlamentari e dell’esecutivo. Secondo quanto si apprende il governo è al lavoro per l’ennesimo rinvio della macchina della riscossione, al momento ferma fino al 30 giugno 2021. Sul tavolo del Consiglio dei Ministri, inoltre, pare vi sia la proroga di 20 giorni dei termini di versamento relativi al saldo delle imposte dei soggetti ISA e forfettari. Due proroghe in cambio del futuro.

Secondo indiscrezioni il blocco delle cartelle sarà di ulteriori 2 mesi, fino alla fine di agosto. Si tratta senza dubbio di una boccata d’ossigeno per i numerosi contribuenti ancora colpiti dalle conseguenze della crisi sanitaria. L’intervento, tuttavia, cela lo stato di confusione all’interno della maggioranza. Accantonando per un attimo le esigenze di partito ed il perenne stato di campagna elettorale, dove la propaganda politica ha definitivamente sostituito la comunicazione istituzionale, il governo lancia fumo negli occhi dei cittadini e decide deliberatamente, ancora una volta, di non decidere, evitando di risolvere il problema alla sua radice. Non si comprende, infatti, se la riforma della riscossione sia effettivamente in cantiere. Un intervento che conferisca stabilità ad un sistema dopo 16 mesi di sospensione.

Come più volte denunciato su queste stesse pagine i carichi accumulati durante il periodo pandemico da parte dei contribuenti non potranno essere gestiti secondo i mezzi ed i tempi ordinari previsti dall’articolo 19 del DPR n. 602 del 1973. Resta ancora sul campo il problema dello “scalone”, ovvero l’onere in capo ai contribuenti di recuperare, in un’unica soluzione ed entro la fine del mese successivo rispetto al termine del periodo di sospensione, i versamenti non effettuati in costanza di moratoria. Al 31 luglio 2021 ed al 30 novembre 2021, inoltre, scadono i termini per il versamento delle somme dovute nell’ambito delle procedure di rottamazione-ter, rispettivamente relativa agli anni 2020 e 2021. Troppo da recuperare in così poco tempo.

D’altro canto vi sarebbe allo studio un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri avente ad oggetto la proroga dei termini di versamento per il saldo e acconto Irpef, Ires ed Irap in scadenza il prossimo 30 giugno 2021. Come noto, infatti, ai sensi del D.lgs. n. 241 del 1997 è potere del Premier, tenuto conto delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei rappresentanti di imposta o delle esigenze organizzative dell’Amministrazione Finanziaria, quello di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi ad imposte e contributi previdenziali. La formula, già utilizzata in passato, praticamente ogni anno, propone il classico differimento al 20 luglio, senza maggiorazioni dello 0,40% a titolo di interessi, ed al 20 agosto, con la predetta maggiorazione.

Da questo punto di vista è impossibile non notare come ai sensi dell’articolo 12 comma 5 del D.lgs. n. 241 del 1997, fonte normativa che consente l’emissione del DPCM finalizzato alla proroga dei termini di versamento, il potere riconosciuto al Presidente del Consiglio dei Ministri possa essere motivato da esigenze proprie dell’Amministrazione Finanziaria e non da quelle dei professionisti intermediari chiamati ad elaborare le deleghe di pagamento, come se essi non esistessero.

Nell’ambito dell’ordinamento i professionisti chiamati all’esecuzione degli adempimenti tributari rappresentano una figura mitologica. Ci sono, ma non si vedono. Da un lato è enfatizzata la loro centralità rispetto al sistema, ogniqualvolta si parli di doveri; dall’altro è negata la loro stessa identità, quando si affrontano i temi dei diritti. Per questo motivo il primo passo dovrebbe essere quello di lavorare affinché siano inserite anche le esigenze organizzative degli intermediari nel contesto delle motivazioni che possono giustificare la proroga di adempimenti tributari.

Il tema comune alle disposizione commentate è l’incapacità politica di leggere ed interpretare un fenomeno davanti gli occhi di tutti. L’azione dell’esecutivo, attendista, lascia i contribuenti ed i professionisti indifesi innanzi al futuro che li attende. Mentre l’esigenza primaria dovrebbe essere quella di comunicare con congruo anticipo le prossime scelte sui temi al centro del dibattito pubblico, guidando la società civile in porto sicuro, l’esecutivo decide di rinviare il problema al futuro, in attesa di tempi migliori. Che si tratti di sospensione della riscossione ovvero del nuovo calendario fiscale, ormai da troppo tempo la comunicazione istituzionale, a volte paternalistica come quella degli statisti del passato, ha lasciato spazio alla mera propaganda politica dove tutto viene esposto sul banco delle prossime elezioni, a discapito del presente e delle future generazioni.
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