22 dicembre 2016

MA QUALE 28 FEBBRAIO?! DOBBIAMO AGIRE, ORA O MAI PIU’!

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici, non passa giorno che non ci veda indignati, non passa minuto che i media non ci forniscano una ragione in più per dire BASTA.
Guardando agli ultimi fatti di cronaca non possiamo non sobbalzare di rabbia nel sentire il ministro Poletti irridere i giovani costretti ad emigrare all’estero, umiliando il dolore di tanti genitori che vedono i loro figli obbligati a lasciare questo Paese, che non ha più nulla da offrire. Giovani che cercano un futuro altrove, proprio come la giovane donna rimasta vittima del folle attentato di Berlino.

Lui, il ministro, quel dolore non lo conosce perché, guarda caso, il suo figliolo lavora comodamente in Italia, e non fa certo un lavoretto qualunque. E’ direttore di un settimanale, il figliolo. Un settimanale delle cooperative rosse. Un giornale che ha ricevuto 500mila, dico, CINQUECENTOMILA euro di contributi pubblici. Soldi pubblici, signori miei. Soldi NOSTRI.

Ma non basta. Anche laddove volessimo essere magnanimi ed accettare le tardive scuse del ministro, ecco che in un attimo ci piombano sul collo VENTI MILIARDI che lo Stato, quindi NOI, dovremo spendere per salvare le banche. Ma ci rendiamo conto? Lo Stato deve intervenire per salvare le banche? Quelle banche che per concedere ad un piccolo imprenditore un fido di 10mila euro fanno sputare lacrime e sangue, e non si accontentano di meno di 30mila euro di garanzie? Quelle banche che stritolano gli imprenditori, rendendosi complici di tanti fallimenti? E chi li aiuta quegli imprenditori? PERCHE’ lo Stato deve salvare dal fallimento le banche mentre le aziende affondano? Perché si ignorano gli imprenditori, che arrivano persino al suicidio, ed al contempo si rendono disponibili cifre astronomiche per salvare le amiche banche?
Indignazione e rabbia, non si può non essere travolti da questi sentimenti guardando al panorama generale, e scendendo nel particolare, nella nostra realtà, le cose non vanno certo meglio.

Passata l’ubriacatura della manifestazione del 14 dicembre, è ora di aprire gli occhi. Che cosa è successo veramente il 14 dicembre? E soprattutto, cosa è successo DOPO il 14 dicembre? NIENTE. Amici, ammettiamolo, NON E’ SUCCESSO NIENTE.

A parte lo scandalo che la nostra mobilitazione sia stata sostanzialmente ignorata dai media, alla fin fine a quali risultati siamo giunti? Ah certo, a proclamare lo sciopero per il 28 febbraio prossimo! Che successo!

Ma SIAMO SERI! Il primo gennaio è alle porte, e da tale data dovremo, tanto per citare l’esempio più eclatante, affrontare la follia della gestione delle semplificate in regime di cassa. E noi che facciamo? Pensiamo ad un sciopero… DUE MESI DOPO!

Ma sveglia! A che mai potrà servire uno sciopero due mesi dopo? A nulla, ecco a cosa servirà. E probabilmente non servirebbe neppure se lo facessimo ora, perché noi SIAMO POCHI. Questa è l’amara verità, siamo un bacino di voti irrilevante, e l’unica cosa che importa, a chiunque sia al governo od aspiri ad andarci, sono i voti.
Abbiamo sbagliato tutto amici, fino ad oggi abbiamo veramente sbagliato tutto, sul fronte comunicativo. Ci siamo chiusi, ci siamo raccontati tra di noi i nostri problemi. 110mila voti, tanti siamo, non contano nulla. NOI, in un’ottica nazionale, NON CONTIAMO NULLA.

MA (per fortuna c’è un MA) contiamo tanto, tantissimo, per i nostri Ordini. Chiediamoci allora: a che servono i nostri ordini se non ci tutelano? E’ questo uno dei fronti sul quale lavorare! Paghiamo un sacco di soldi all’Ordine, ma a che pro? Iniziamo a farci sentire con i nostri rappresentanti locali, sommergiamoli di proteste, e, prima o poi, a loro volta saranno costretti a farsi sentire con il Nazionale, e così via, su su nella scala gerarchica, fino ad arrivare alla fonte di tutti i problemi.
Ma anche questo non sarà sufficiente. La vera svolta è far trasformare quei 110mila voti in milioni di voti.

Noi possiamo farlo, noi DOBBIAMO farlo. Dobbiamo informare i nostri clienti, dobbiamo coinvolgere le vittime di questo sistema impazzito nella protesta, perché in fin dei conti noi stiamo protestando anche per loro. Questo dobbiamo spiegare ai nostri clienti. Dobbiamo fare in modo che gli “indignati”, non siano solo i 100/150mila professionisti, ma che diventino tali anche milioni e milioni di contribuenti e cioè i nostri clienti.

I nostri clienti devono sapere, devono capire, e devono reagire.
Amici, ora tocca a noi, il 28 febbraio è OGGI.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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