9 giugno 2018

Caro Direttore...

La tentazione di sottrarre democrazia ai sistemi in nome di una ragione di rapidità amministrativa mi ricorda sempre una lezione dello storico Francesco D’Elia quando spiegava l’istituzione in Italia del Gran Consiglio, un luogo ristretto di democrazia necessaria in un modello di gestione totalitario. Se ne poteva fare a meno ma era utile che ci fosse.

E ogni volta che osservo proposte simili, orientate ovviamente solo alla semplificazione e non certamente al totalitarismo, non mi risulta azzardato il richiamo a quelle lezioni, tanto più negli effetti che la nostra carta costituzionale attribuisce al fenomeno elettorale come strada maestra di diffusione di un modello di rappresentanza quanto più ampio possibile. A tutti i livelli associativi in cui si esprime la vita della Nazione.

Applicando quella carta ne discenderà, come nel caso dell’ultimo Governo del Paese, che occorrerà sedersi al tavolo del confronto, in un esercizio dialettico necessario, per definire un percorso di gestione comune, senza vincitori ne vinti, ma tra gente interessata a partecipare.

5 colleghi per macroaree regionali sono davvero pochi allora per stabilire una connessione con il territorio della più grande organizzazione professionale in materia di economia, società e tributi del Paese.

E forse mantenere una rappresentanza indistinta o più di una per ogni regione italiana conserva quell’attenzione e quel rispetto necessari a segnare un impegno e un obbligo morale a partecipare alle dinamiche comuni, senza delegare. La tentazione di lavarsene le mani assumerebbe una dimensione meno ampia, necessariamente.

Ma la questione investe non solo il tema della governance del Consiglio Nazionale. Si dovrebbe ripercuotere in larga misura sul tema elettorale dei consigli territoriali in un sistema elettorale troppo poco partecipativo in cui chi vince prende tutto e chi perde non ha che modestissimi margini collaborativi secondo un recente e diffuso orientamento organizzativo della nostra politica che ci vorrebbe tutti divisi tra tifoserie antagoniste anche quando non siamo di fronte ad una partita di calcio.

È utile cosí ringraziare il Presidente Miani e l’attuale Consiglio Nazionale per l’apertura ai temi del confronto pubblico in tema di riforma della legge fondante di questa Professione, ed è utile anche approfittare del richiamo del Presidente ad impegnarsi e partecipare, senza delegare e senza lamentarsi.

15 consiglieri nazionali non sono sufficienti per stabilire una connessione dovuta con i territori. Uno per regione è un valore minimo per una rappresentanza nazionale e toglierebbe dall’imbarazzo anche i colleghi che dovrebbero esprimersi per macroaree, spesso troppo diverse tra loro e tutte da identificare.

Una riforma del sistema elettorale dei consigli locali aiuterebbe non poco la partecipazione dei colleghi attenuando il premio di maggioranza riconosciuto alla lista vincente, una proposta necessaria contro il disimpegno dettato dai tempi ristretti della professione ed in una ottica di incentivazione alla partecipazione.


Nel dibattito che inizia a muovere i primi passi è una ottima iniziativa quella di partire dal basso, non solo come atto dovuto ma soprattutto per registrare una spinta propulsiva che parte dai territori.


Francesco Andrea Falcone

Dottore Commercialista - Revisore Legale
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