18 gennaio 2017

Commercialista infedele. Il cliente evita le sanzioni

Autore: PAOLA MAURO
In caso di omessa presentazione della dichiarazione fiscale e omesso versamento delle imposte per fatto imputabile esclusivamente al commercialista incaricato, il contribuente può ottenere l’annullamento delle sanzioni da parte del giudice tributario. È quanto emerge dalla sentenza n. 849/04/16 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia.
Il caso riguarda un promotore finanziario che ha ricevuto un avviso di accertamento, con contestuale irrogazioni di sanzioni, perché non ha presentato la dichiarazione dei redditi e non ha versato le imposte.
Il suddetto contribuente ha agito sia in sede penale sia in sede civile nei confronti del commercialista di fiducia, e di ciò ha dato conto nel giudizio tributario, dove ha pure prodotto la dichiarazione di responsabilità resa dal consulente, nonché la documentazione comprovante il conferimento dell’incarico al medesimo per la presentazione delle dichiarazioni in questione.
Ebbene, l’adita CTP di Brescia ha reputato giusto disapplicare le sanzioni in virtù di quando stabilisce il D.Lgs. n. 472/97, art. 6, comma 3: “Il contribuente, il sostituto e il responsabile d'imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all'autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.”
La parte contribuente ha sostenuto la propria buona fede facendo leva sulla dichiarazione di colpevolezza resa dal commercialista, allegata al ricorso.
I giudici bresciani osservano che, secondo alcune pronunce della Cassazione, solo la dimostrazione del comportamento fraudolento del professionista può esonerare da responsabilità il contribuente (per “culpa in vigilando”).
A fronte di ciò, il Collegio giudicante si pone questa domanda: se è ammissibile che un qualsiasi contribuente, magari assolutamente ignorante in materia fiscale, che si affida a un professionista per il disbrigo delle dovute incombenze, debba, oltre che impegnarsi del proprio lavoro, oltre che retribuire congruamente il tecnico incaricato, occuparsi, e preoccuparsi, dei compiti a lui affidati.
Ebbene, la risposta che si legge nella sentenza in esame è la seguente: “il cittadino, che già dovrà subire (e sta subendo) un grave danno, sia di tempo che di denaro, dovendosi rivolgere ad altri soggetti per l'attivazione della propria difesa (danno economico, psicologico e giuridico non opportunamente quantificabile), non può essere sottoposto ad altri disagi. Come detto, già dovrà pagare le imposte non versate dal professionista infedele; dovrà retribuire l'attuale difensore e sottoporsi a tutti gli altri balzelli connessi al processo tributario; e non può, se non in maniera opprimente, essere destinatario di ulteriori aggravi, che risulterebbero vessatori. Soprattutto, quando la sua attività è stabilita da una legge a tutti chiara ed evidente, come quella sopra richiamata, prevista dall'art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/97. Salvo che l'ufficio non provi un rapporto fraudolento tra il contribuente e il suo commercialista infedele, nel caso di specie l'omessa presentazione della dichiarazione annuale, peraltro dallo stesso occultata con una serie di artifizi, appare imputabile esclusivamente al terzo: il consulente incaricato dal ricorrente […].”
Nel caso di specie il commercialista si è fatto pagare per la presentazione della dichiarazione Unico (come dimostrato dalla fattura agli atti). Inoltre ha ammesso la propria colpevolezza mediante una dichiarazione scritta.
Infine, il contribuente - scrive la CTP - “ha dimostrato la trascuratezza del consulente fiscale” verso il quale ha sporto querela.
Conseguentemente, il ricorso è stato accolto per la parte concernente le pretese sanzioni.
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