8 giugno 2018

Fondo di integrazione salariale per i dipendenti degli studi professionali

Il focus in un documento del CNDCEC e FNC

Autore: Ester Annetta
Un nuovo documento di ricerca, elaborato congiuntamente dal CNDCEC e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti, è stato appena pubblicato sul sito istituzionale di quest’ultima.
Si tratta dello studio intitolato "Operatività del fondo di integrazione salariale per i dipendenti degli studi professionali”, con il quale viene analizzato l’utilizzo del detto strumento quale mezzo alternativo, in attesa della costituzione del “Fondo bilaterale di solidarietà rivolto al settore delle attività professionali”, previsto dall’Accordo sottoscritto il 3 ottobre 2017 tra Confprofessioni, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.

A riguardo, il documento chiarisce anzitutto quale sia la funzione del Fondo bilaterale di solidarietà (istituito ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. n. 148/2015) e come esso operi nel settore delle attività professionali. Da tale premessa trae, quindi, spunto per compiere una complessiva ricognizione degli ammortizzatori sociali operanti in favore dei professionisti datori di lavoro e dei loro dipendenti nei casi in cui, per effetto della riduzione o della sospensione dell’attività lavorativa, si versi in una condizione di disoccupazione “latente”.

Ulteriore premessa è che tra gli ammortizzatori sociali si distinguono strumenti a sostegno del reddito predisposti dal sistema pubblico di protezione e strumenti di natura strettamente privatistica. In tale cornice, il “Fondo di solidarietà per il settore delle attività professionali” va a collocarsi tra i primi, ma, in attesa della sua costituzione e dell’avvio della sua operatività presso l’INPS, soccorre, con funzione suppletiva, l’alternativo strumento (anch’esso pubblicistico) del “Fondo di integrazione salariale”.

È sull’analisi di tale ultimo strumento che si focalizza l’analisi del documento, che però anticipa la prossima pubblicazione di altri due studi focalizzati, rispettivamente, sul funzionamento del “Fondo bilaterale di solidarietà per il settore delle attività professionali” e sul sistema privatistico di ammortizzatori sociali sviluppato attraverso la contrattazione collettiva.

Partendo da un’illustrazione del sistema di welfare negoziale adottato nel settore degli “studi professionali”, lo studio entra quindi nel dettaglio dell’argomento trattato, analizzando in maniera più ampia, nel paragrafo rubricato “Il sistema di protezione pubblico per i lavoratori degli studi professionali “oggi”: il Fondo di integrazione salariale”, il meccanismo suppletivo appena sopra accennato.

A riguardo rileva come, nella fase di avvio del nuovo sistema di solidarietà, l’art. 26 del d.lgs. n. 148/2015 abbia concesso alle associazioni datoriali ed alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative tempo fino al 31.12.2015 per istituire Fondi bilaterali di solidarietà (FSB). La mancata attivazione dei detti FSB negli indicati termini ha comportato l’assoggettamento dei datori di lavoro con più di 5 dipendenti, esclusi dall’applicazione della Cassa Integrazione Guadagni, all’operatività di un fondo “sussidiario”, destinato a garantire l’universalizzazione delle tutele in loro favore (appunti i Fondo di integrazione salariale – FIS). La ratio di tale meccanismo è stata quella di evitare che l’effettività del nuovo impianto di tutela fosse una variabile esclusiva della volontà dell’autonomia collettiva di costituire e gestire fondi bilaterali di solidarietà.

In questo schema “alternativo” sono dunque finite anche le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della categoria “studi professionali”, non avendo provveduto tempestivamente all’istituzione del FSB.

Il documento prosegue, poi, soffermandosi:
  • sull’ambito di operatività del FIS, il cui campo di applicazione richiede la valutazione di tre condizioni: consistenza occupazionale dei datori di lavoro (si richiede che sia oltre i cinque dipendenti); esclusione dall’ambito di applicazione della CIG; non operatività del FSB o FSBA nei settori in cui operano;
  • sulle prestazioni che conferisce - l’assegno di solidarietà (di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 148/2015) e l’assegno ordinario (di cui all’art. 30, co. 1) - erogate secondo un differenziato regime di intervento in ragione della classe di ampiezza dei datori di lavoro iscritti al fondo e non cumulabili;
  • sulla semiautomaticità delle prestazioni (poiché le prestazioni si configurano come sostitutive di quelle connesse al regime di integrazione salariale, ordinaria e straordinaria, e sono garantite per le stesse causali di intervento, ciò comporta che il FIS, anche in caso di inadempimento contributivo datoriale e stante l’assenza di specifici divieti normativi espressi, sarà tenuto a corrispondere le prestazioni a sostegno del reddito nei confronti dei lavoratori interessati) ed il rapporto di corrispettività con la contribuzione;
  • sugli adempimenti necessari per l’accesso alle prestazioni, tra i quali viene sottolineata la preliminare fase di consultazione sindacale che il datore di lavoro dovrà espletare ove intenda richiedere l’intervento del FIS, mediante l’invio obbligatorio di comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali o unitarie, ove presenti in azienda, nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;

Il documento prosegue, ancora, con l’illustrazione dell’adempimento contributivo dovuto in favore del Fondo (gravante per un terzo in capo ai lavoratori e due terzi in capo ai datori di lavoro); l’obbligo di equilibrio finanziario cui esso è soggetto (anche il FIS è difatti sottoposto alla disciplina di salvaguardia che impone tale requisito, che è garantito da: obbligo di bilancio in pareggio; impossibilità di erogazione delle prestazioni in carenza di disponibilità; concessione degli interventi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie e entro i limiti delle risorse già acquisite; obbligo di presentazione di bilancio di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di economia e finanza e relativa nota di aggiornamento); la disciplina relativa all’amministrazione del FIS (trattandosi a tutti gli effetti di un organo previdenziale il FIS è assoggettato a regimi di governance non dissimili da quello delle altre gestioni interne dell’INPS, tra cui l’affidamento della sua gestione ad un “comitato amministratore” con il compito di: a) predisporre, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, i bilanci annuali, preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione e deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa; b) deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione delle prestazioni previste dal decreto istitutivo; c) fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti; d) vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione; e) decidere in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza; f) assolvere ogni altro compito ad esso demandato da leggi o regolamenti.).
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