24 giugno 2016

REVISORI ENTI LOCALI: la correzione delle incoerenze

Autore: ESTER ANNETTA
Gli ampliamenti di attività e di competenze spettanti al revisore degli enti locali – tanto quelle in cui opera in piena indipendenza quanto quelle in cui funge da supporto dell’attività di controllo della Corte dei Conti – l’hanno reso un autentico presidio di legalità e ne hanno comportato altresì un incremento di responsabilità che non è tuttavia coinciso con evoluzioni strutturali adeguate.
Su questa incongruenza si è incentrato il Convegno - tenutosi ieri a Roma - “I Revisori degli Enti locali”, organizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
Il contrasto risulta di tutta evidenza ove si evidenzia che, se da un lato, col D.Lgs. 118/2001, il legislatore ha notevolmente accresciuto il numero degli adempimenti e delle attribuzioni spettanti ai revisori - con ciò riconoscendone implicitamente l’importanza della funzione e la fiducia in essa riposta -, dall’altro sono state adottate – o persistono – delle misure che sviliscono la portata dell’incarico.
In particolare ci si riferisce – come hanno voluto ricordare tanto il Presidente del CNDCEC, Gerardo Longobardi, che il Vice Presidente, Davide Di Russo – all’l’introduzione del sistema estrattivo di selezione; ai limiti alla reiterazione del mandato; alla fissazione di un tetto per i rimborsi spese; al mancato aggiornamento dei compensi; all’imprecisa disciplina prevista per le unioni di comuni.

Con riguardo alla scelta di sostituire il sistema della nomina diretta del revisore con il meccanismo dell’estrazione a sorte, al positivo effetto che ne deriva di garantire una maggiore autonomia ed indipendenza della funzione si contrappone, tuttavia, il sacrificio di una migliore professionalità. Difatti – come ha rilevato il presidente Longobardi – il criterio estrattivo prevede che nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti possa essere nominato revisore unico anche chi non abbia mai rivestito in precedenza tale incarico e difetti, dunque, di qualsiasi esperienza: un contrasto inaccettabile con riguardo ad una funzione tanto delicata da richiedere, all’opposto, competenze adeguate.
Altro nodo critico è poi quello dei compensi: nonostante l’ampliamento delle funzioni attribuite ai revisori, i compensi previsti risultano essere molto bassi e non aggiornati (il loro ultimo aggiornamento risale al 2005, benché fosse stata disposta la loro revisione triennale). Ciò determina un palese contrasto tra la considerazione del revisore, da una parte, come una risorsa e, dall’altra, come un costo della politica. La conseguenza è – come ha rimarcato il Consigliere Nazionale Giovanni Parente – che sempre più frequentemente i professionisti, disincentivati dalla sproporzione tra la responsabilità connessa alla funzione e l’esiguità del compenso, rinuncino all’incarico.

Quali dunque i correttivi da apportare alla normativa affinché siano favoriti tanto gli Enti locali – potendo contare sull’impiego di validi professionisti per lo svolgimento dell’incarico di revisore – quanto i professionisti medesimi, che meritano un trattamento ed una considerazione altrettanto adeguati?
Le soluzioni prospettate – come ha spiegato il Vice Presidente Di Russo – consistono, in relazione al criterio estrattivo:
  • nella previsione che il professionista senza alcuna esperienza possa essere nominato solo come membro di un organo collegiale (previsto per quei comuni che, per numero di abitanti, non possono avere un revisore unico), così da favorirne anche l’apprendistato;
  • nella riformulazione delle modalità: non più il sorteggio di un singolo nominativo ma di un numero maggiore (5, se revisore unico, 15 in caso di collegio) entro il quale sia poi rimessa all’Ente la facoltà di scegliere, così da concedergli un margine di discrezionalità.

In relazione alla revisione dei compensi: nella loro attualizzazione, che preveda incrementi se il revisore esercita le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell’ente (10% in più per ogni istituzione, sino a un incremento massimo del 20%); nonché nella revisione del criterio dei rimborsi spese in considerazione anche delle distanze che il professionista deve percorrere per raggiungere l’Ente assegnato, uniformandolo quindi alla misura stabilita per gli amministratori degli Enti.

Anche con riguardo alla previsione del divieto di svolgere più di due volte l’incarico presso lo stesso Ente, il correttivo suggerito è quello di limitare tale prescrizione soltanto allo svolgimento ‘consecutivo’ di più di due incarichi.
Infine, circa la disciplina prevista per le unioni di comuni, considerati i dubbi interpretativi relativi ai presupposti che rendono obbligatorio o meno lo svolgimento in forma associata delle funzioni dell’organo di revisione, un intervento utile sarebbe quello di uniformare per Comuni e unioni di Comuni – come ha spiegato il Presidente Longobardi -, i criteri relativi alla previsione di un organo di revisione collegiale, assumendo quale parametro condiviso, la soglia dimensionale di 15mila abitanti.

Le proposte suggerite - come ha voluto da ultimo sottolineare il Vice Presidente Di Russo - rientrano nel quadro più ampio delle semplificazioni (tema portante anche dell’ultimo Congresso Nazionale) da intendersi non come eliminazione indiscriminata di norme ma come loro razionalizzazione: la formula più idonea a consentirne il giusto funzionamento.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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