4 agosto 2018

Finanziamenti ai dipendenti: la cessione del quinto sullo stipendio

Autore: Ketti Fisichella
La cessione del quinto è un finanziamento a tasso fisso con rimborso a rate costanti che, a differenza del prestito personale, vengono effettuate dal datore di lavoro e non dai richiedenti ed il relativo importo è trattenuto direttamente dal netto in busta paga o dalla pensione.

L’art. 5 del D.P.R. 180/1950 disciplina la facoltà dei dipendenti dello Stato e degli altri enti ed aziende di cui all’art. 1, tra cui anche le aziende private, di contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote di stipendio e salario, legittimandola solo nei limiti del quinto e per periodi non superiori a dieci anni, secondo le disposizioni stabilite dai titoli II e III.

Secondo l’art. 1264 del codice civile la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’abbia accettata o gli sia stata notificata: tuttavia anche prima della notifica il datore di lavoro (debitore ceduto) che paga al lavoratore (cedente) non è liberato se il cessionario (istituto finanziario) prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione.

Pertanto, il datore di lavoro, ricevuta la notifica del contratto, è obbligato a dar corso alla cessione ed operare le trattenute sulla retribuzione.

Un contratto di cessione del quinto deve contenere i seguenti elementi:
  • il tasso di interesse praticato;
  • ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi i maggiori oneri in caso di mora;
  • l’ammontare e le modalità del finanziamento;
  • il numero, gli importi e la scadenza delle singole rate;
  • il tasso annuo effettivo globale (TAEG);
  • il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essere eventualmente modificato;
  • l’importo e la causale degli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG;
  • le eventuali garanzie richieste;
  • le coperture assicurative.

La quota della retribuzione da trattenere nei limiti del quinto, va calcolata sulla retribuzione percepita dal lavoratore al tempo della domanda del prestito, come risultante nella busta paga, al netto delle trattenute previdenziali e fiscali, va inoltre tenuto presente che gli oneri e i costi di gestione che derivano dal pagamento della retribuzione a terzi, possono essere regolamentati mediante specifici accordi e pertanto il datore di lavoro deve provvedere al versamento al soggetto cessionario delle quote di stipendio entro il mese successivo a quello cui le quote si riferiscono e che sono state preventivamente trattenute sullo stipendio o sulla pensione.

In mancanza di previsioni del contratto collettivo (anche aziendale), o in mancanza di accordi con gli istituti di credito, il datore di lavoro può imputare i costi di gestione relativi ai versamenti da effettuare al lavoratore, dandogli preventiva comunicazione.

L’art. 51 del titolo III del D.P.R. n. 180 dispone che la facoltà di cessione del quinto si eserciti secondo le condizioni di validità e di durata previste dall’art. 6 del titolo II, pertanto, per i lavoratori subordinati assunti a tempo indeterminato si richiede che: la cessione dello stipendio o salario non sia superiore al quinto, abbia durata non superiore 10 anni, che i dipendenti siano addetti a servizi di carattere permanente e che siano muniti di stipendio o salario fisso e continuativo.

Per i lavoratori a tempo determinato l’art. 52 del D.P.R. n. 180, come modificato dalla legge n. 80/2005, prevede che la durata della cessione non possa eccedere il periodo di tempo che, dal momento della stipulazione dell’atto di cessione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto; il trattamento di fine rapporto è cedibile per intero.

Al fine di limitare la reiterazione di cessioni, con art. 39 del D.P.R. n. 180, si vieta al lavoratore di contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi, rispettivamente, almeno due anni dall’inizio della precedente cessione stipulata per un quinquennio, o almeno quattro anni dall’inizio della precedente cessione stipulata per un decennio, salvo che sia stata consentita l’estinzione anticipata della precedente cessione, nel qual caso può esserne contratta una nuova purché sia trascorso almeno un anno dall’anticipata estinzione.

Importante aggiungere che se all’azienda vengono notificati più atti di cessione relativi alla stessa retribuzione, prevale la cessione che cronologicamente è stata notificata per prima al datore di lavoro o quella che, sebbene successiva rispetto alle altre, sia stata per prima accettata dallo stesso con atto di data certa. Inoltre il lavoratore non può avere simultaneamente in corso più di una cessione e la stessa, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, per diritto a pensione, si estende agli istituti previdenziali che lo consentono e che erogano la prestazione pensionistica.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy