30 aprile 2016

Part-time agevolato. Modalità operative e criticità

Autore: REDAZIONE FISCAL FOCUS
Con il Decreto Interministeriale MLPS-MEF del 13 aprile 2016 è stata data attuazione a una delle disposizioni della recente Legge di Stabilità allo scopo di favorire il “turnover” dei dipendenti delle aziende private e di accompagnare in maniera più facile i lavoratori al pensionamento, favorendo d’altro canto anche il ricambio generazionale.

Premesso che la misura è utilizzabile solo dai lavoratori del settore privato, la norma, a carattere sperimentale, prevede infatti che i lavoratori subordinati a tempo indeterminato del settore privato possano decidere di ridurre l’orario lavorativo tra il 40 e il 60%. Le condizioni per usufruire dell’agevolazione sono due:
  • aver maturato 20 anni di contributi (requisito contributivo);
  • maturare il requisito anagrafico (requisito anagrafico) entro il 31 dicembre 2018. Si ricorda che il requisito anagrafico è raggiunto all’età di 65 anni e 7 mesi per le donne fino al 31 dicembre 2017, mentre dal 1° gennaio 2018 il raggiungimento avverrà sia per gli uomini che per le donne a 66 anni e 7 mesi.

Contratto di lavoro a tempo parziale agevolato – Per godere dell’agevolazione il datore di lavoro dovrà firmare insieme al lavoratore un accordo individuale che prenderà proprio il nome di “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato”, prevedendo quindi la trasformazione del precedente contratto: l’agevolazione prevede che il lavoratore riduca l’orario di lavoro e di conseguenza la retribuzione, ma in maniera meno che proporzionale.

Gli effetti – Lo scopo della misura è proprio quello di favorire il ricambio generazionale e comporta un meccanismo decisamente allettante per quei lavoratori che godono dei requisiti di cui sopra: infatti all’interno del Libro Unico del Lavoro andrà inserito un elemento retributivo ulteriore che si basa proprio sulla base di contributi a carico dell’azienda, e calcolata sulla base della retribuzione non più erogata, senza che tale quota sia imponibile a fini fiscali, ovvero previdenziali e assistenziali.
A conti fatti, prendiamo ad esempio uno stipendio annuo lordo di 22mila euro di un dipendente che ha maturato entrambi i requisiti, che decide di ridurre del 50% l’orario di lavoro: se lo stipendio fosse proporzionale il lavoratore arriverebbe a 11mila euro annui lordi, ma sulla base dell’agevolazione in esame gli 11mila euro devono essere maggiorati in proporzione con la quota di cui sopra. Quindi 11.000 x 23,81 = 2.620 euro, i quali saranno aggiunti allo stipendio lordo calcolato proporzionalmente all’orario di lavoro e saranno esenti da tassazione fiscale e contribuiva. Inoltre, si mantiene una contribuzione figurativa fino al 100%.

Le modalità – Per quanto concerne il meccanismo per usufruire della misura, ancora rimangono poco chiare le modalità telematiche da utilizzare per la trasmissione all’Inps dell’istanza. Certo è che bisognerà prima di tutto chiedere all’Istituto Previdenziale una certificazione di raggiungimento dei requisiti contributivi e anagrafici, per poi poter procedere alla stipula del “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” che opererà quindi una trasformazione da tempo pieno a part-time nella misura tra il 40% e il 60% del tempo pieno. Sarà poi necessario passare dal vaglio della Direzione Territoriale del Lavoro che con il meccanismo del silenzio-assenso darà entro 5 giorni la possibilità di procedere allo step successivo riguardante la comunicazione all’Inps (per cui rimangono ancora dubbi sulle modalità, come già anticipato). L’Istituto dovrà comunque dare esito alla richiesta entro 5 giorni lavorativi in modo da poter considerare avvenuta la trasformazione del rapporto e considerare la modifica come avvenuta dal primo giorno del periodo di paga mensile successivo a quello dell’accoglimento della domanda.

Quando è vantaggioso – Tale meccanismo risulta essere vantaggioso in alcune circostanze, e cioè soprattutto nel caso di riduzione del lavoro o anche quando è necessario che le funzioni siano gradualmente trasferite dal lavoratore anziano a quello più giovane. Certo è che la misura, d’altro canto, non sembra essere accompagnata da altrettante agevolazioni che permettano il turnover generazionale in azienda, e quindi bisognerà vedere quanto sarà in grado di agire in maniera efficace nel mercato del lavoro
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