15 marzo 2018
15 marzo 2018

ore 14.55 - Politiche del lavoro: l’Italia non regge il confronto con Francia e Germania

In Italia la disoccupazione di lunga durata (di oltre 12 mesi) ha un carattere strutturale che la vede primeggiare costantemente nelle classifiche europee. Gli investimenti nei servizi per il lavoro consentono a i Paesi membri di gestire la disoccupazione, soprattutto quella di lunga durata. Ma in Italia questo tipo di investimento è utilizzato poco e con scarsi risultati. È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro intitolata "Dal Welfare al Workfare. Le politiche attive come strumento di contenimento della spesa sociale per la disoccupazione", presentata dal Comitato Economico e Sociale Europeo nel corso delle audizioni del 12 e 13 marzo 2018 al CNEL. I rappresentanti del CESE - la Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e del Comitato Unitario delle Professioni, Marina Calderone (Gruppo III),Cinzia Del Rio (Gruppo II) e Georgi Stoev (Gruppo I) - hanno sottoposto al Presidente del CNEL Tiziano Treu, al Presidente dell'ANPAL Maurizio Del Conte e al Responsabile della Segreteria Tecnica del Ministero del Lavoro Bruno Busacca, un confronto sulle spese sostenute per le politiche del lavoro in Italia, in Germania e in Francia. Dalla ricerca emerge che lo scarso investimento nei servizi per l’impiego pubblici non consente al nostro Paese di tenere sotto controllo la disoccupazione di lunga durata e la spesa per le politiche passive, tantomeno di sviluppare adeguatamente le politiche attive del lavoro.

Nel 2015 l’Italia ha speso solo 750 milioni di euro per i servizi pubblici per l’impiego: cifra che serve a coprire il costo di circa 9 mila dipendenti dei centri per l’impiego pubblici. Questo investimento è in netto contrasto con i 5,5 miliardi di euro spesi dalla Francia e gli 11 miliardi di euro sostenuti dalla Germania per i servizi per l’impiego nazionali. Infatti, se la spesa destinata ai servizi per il lavoro fosse stata in linea con la media europea (0,21% del PIL), lo stanziamento in Italia avrebbe dovuto essere pari a circa 3,5 miliardi di euro. Inoltre, se guardiamo la spesa sostenuta nel 2015 per le misure di politica del lavoro si scopre che questa ammonta a 6,9 miliardi di euro, di cui il 55% viene destinato ad incentivi alle assunzioni. Se confrontiamo questi dati con quelli tedeschi e francesi, la spesa per gli incentivi è limitata rispettivamente all'8% e al 6%. L’Italia fa registrare, quindi, un continuo ricorso alle agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato, che consentono di favorire principalmente solo le stabilizzazioni dei rapporti di lavoro e non la nascita di nuova occupazione e il reinserimento nel mercato dei disoccupati. Il solo esonero contributivo triennale, ad esempio, è costato 2,224 miliardi nel 2015 e 6,360 miliardi di euro nel 2016 (al quale va aggiunto l’esonero biennale che nel 2016 ha prodotto un ulteriore costo di 415 milioni di euro). Un passo in avanti si compie con l'introduzione di una nuova misura di politica attiva: l'assegno di ricollocazione che, dopo una lunga fase di sperimentazione, andrà a regime a partire dal prossimo mese interessando circa 975 mila persone. “In questo nuovo scenario i Consulenti del Lavoro svolgeranno un ruolo strategico”, ha dichiarato la Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Marina Calderone. “Tramite i delegati della Fondazione Consulenti per il Lavoro, l’organismo di Categoria accreditato a livello nazionale per l’erogazione dei servizi per il lavoro, potremo affiancare i servizi per l’impiego pubblici nell’accompagnamento dei disoccupati, destinatari dell’assegno, nel percorso di ricerca di una nuova occupazione”, ha concluso.
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