14 gennaio 2019
14 gennaio 2019

Datore di lavoro forfettario: complicata la gestione delle ritenute

Autore: Giuseppe Avanzato
La Legge di Stabilità 2019, come sappiamo, ha ampliato notevolmente il novero dei contribuenti che possono rientrare all’interno del regime forfettario. Infatti, oltre ad incrementare le soglie di ricavi/compensi all’interno delle quali è possibile la permanenza nel regime agevolato (si ricorda pari a € 65.000), con la legge da poco pubblicata è stata eliminata ogni sorta di limitazione circa l’impiego di lavoratori dipendenti o assimilati.

Infatti, l’impiego di personale dipendente da parte una piccola azienda o di un piccolo professionista (immaginiamo la segretaria assunta in uno studio legale), nel rispetto di tutte le altre condizioni, oggi non preclude più l’accesso al regime fiscale in commento. Per quanto detto, è ragionevole supporre che, proprio in questi giorni, molte aziende o professionisti che impiegano eventualmente anche personale dipendente, allettati dal possibile risparmio d’imposta nonché dalle semplificazioni contabili e fiscali, stiano valutando l’opportunità di transitare al suddetto regime.
Il passaggio, tuttavia, non è privo di insidie.

Nelle pagine di questo quotidiano abbiamo già affrontato alcune peculiarità che caratterizzano il regime forfettario relativamente alle ritenute alla fonte (vedi Il forfettario non è sostituto d’imposta, pubblicato lo scorso 7 gennaio). Una delle caratteristiche del regime in commento, infatti, risiede nella circostanza che il contribuente in forfettario non è sostituto d’imposta.
L’art. 1 co. 69 della L. 190/2014 chiaramente afferma che “[…]I contribuenti di cui al comma 54 del presente articolo non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e successive modificazioni; tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all'atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l'ammontare dei redditi stessi”.

Per quanto è dato leggere, la norma de quo esclude i contribuenti in regime forfettario dall’obbligo di operare le ritenute alla fonte e, per conseguenza, dagli obblighi comunicativi e dichiarativi che ne conseguono (CU e modello 770), prevedendo esclusivamente degli obblighi informativi in seno al Modello Redditi.

Orbene, il problema che chiaramente si palesa all’attenzione degli addetti ai lavori è se detta esclusione operi anche con riferimento alle ritenute Irpef abitualmente operate nei confronti del personale dipendente qualora il datore di lavoro sia un soggetto in regime forfettario. In altre parole ci si chiede se nella busta paga del mese di gennaio il datore di lavoro transitato al regime agevolato deve in ogni caso operare le ritenute al lavoratore dipendente ovvero deve corrispondere al medesimo la retribuzione al lordo di quest’ultime.
Appare evidente che il problema non è di poco conto. Infatti, a differenza delle trattenute previdenziali per le quali non può sussistere alcun dubbio, per le ritenute sui redditi di lavoro dipendente la questione non è affatto di facile risoluzione. Il co. 69 della L. 190/2014, infatti, nel disciplinare l’esclusione in parola, richiama espressamente il titolo III del DPR 600/73 il quale, sine dubbio disciplina, all’art. 23, le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente.
Dunque è evidente che, stante il tenore letterale delle norme, il datore di lavoro in forfettario non dovrebbe operare alcuna ritenuta Irpef nella busta paga del proprio dipendente, determinandosi, per l’effetto, ovvi problemi sia in capo al datore di lavoro quanto, soprattutto, al lavoratore.

I pregiudizi in capo al lavoratore
Come giustamente osservato da professionisti operanti nel settore, una tale situazione determinerebbe in capo al lavoratore una serie di nuovi obblighi e sicuramente tanti pregiudizi.
In primo luogo, il lavoratore sarebbe costretto, anzi obbligato, a presentare la Dichiarazione dei Redditi e a liquidare autonomamente l’Irpef e le relative addizionali non trattenute dal datore di lavoro nel corso dell’anno. Inoltre, allo stesso sarebbe preclusa la possibilità di dichiarare le somme percepite attraverso il Modello 730, in quanto tale modello dichiarativo presuppone (salvo alcune eccezioni) un sostituto d’imposta sul quale “appoggiare” il pagamento o il rimborso delle imposte. Ma tra le conseguenze non si può non sottolineare anche l’impossibilità per il lavoratore dipendente di fruire, in corso d’anno, delle detrazioni spettanti per legge al medesimo.

A ciò si aggiunga che, la disposizione in commento, contrasta con molti diritti riconosciuti dalla normativa in capo al lavoratore dipendente, quali, ad esempio, il diritto alla Certificazione Unica e a tutte le informazioni che devono essere in essa contenute: reddito, trattenute, detrazioni, bonus “Renzi”, ecc. Senza contare l’evidente disparità di trattamento che subirebbero questa categoria di lavoratori rispetto a quelli in forza presso contribuenti in regime ordinario.
Per quanto detto, appare chiaro, che le disposizioni normative (semplificative) riconosciute in capo al forfettario mal si conciliano con quelle di lavoro dipendente.

Possibili soluzioni
Allora, per evitare questa “valanga” di problemi, è ragionevole sostenere che, in tali fattispecie, il datore di lavoro forfettario si dovrebbe comportare come qualsiasi altro datore di lavoro, applicando le ritenute e ottemperando ai comuni obblighi dichiarativi e comunicativi, anche se ciò contrasta con le disposizioni specifiche del regime agevolato. Si ritiene, infatti, che una tale condotta non potrebbe essere intesa dall’Amministrazione finanziaria quale “comportamento concludente” di applicazione del regime ordinario in luogo del forfettario.
Del resto, dallo stesso co. 69 sembra rinvenibile una possibilità ma non un obbligo da parte del forfettario di operare le ritenute alla fonte. Infatti, la norma afferma che i forfettari “non sono tenuti…” ma non afferma che gli stessi non devono operare la ritenuta. Inoltre, le cause di possibile esclusione dal regime non prevedono conseguenze in tal senso, infatti, la L. 190/2014 prevede quali cause di esclusione dal regime il venir “meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57”, le quali sicuramente non riguardano l’eventuale applicazione delle ritenute alla fonte.
Considerato che la fattispecie qui esaminata sicuramente riguarderà molti contribuenti, sarebbe auspicabile un tempestivo chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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