20 novembre 2018

Fattura elettronica: e adesso cosa succede?

A cura del Direttore Antonio Gigliotti

Cari amici, buongiorno, o quasi.

Tentiamo di tirare le fila delle ultime, convulse, giornate. Dopo mesi a preoccuparci di GDPR, sommersi di richieste di adeguamenti e di spese, arrivando fino a quasi odiare la normativa privacy così come modificata dal regolamento UE (non che prima ci entusiasmasse…), venerdì ci siamo improvvisamente svegliati ed abbiamo scoperto che la fattura elettronica, quella “all’italiana”, potenzialmente viola una marea di normative in materia di tutela dei dati.

E adesso?”, ci siamo chiesti tutti, un po’ smarriti.

E’ stata questa la domanda tormentone degli ultimi giorni, una domanda cui probabilmente solo l’Agenzia delle Entrate potrà dare una risposta definitiva in merito ad eventuali futuri ulteriori adeguamenti tecnici, ma una cosa ormai pare assodata: nonostante il secco richiamo del Garante, l’ipotesi di un rinvio dell’obbligo di fatturazione elettronica non rientra nel novero delle ipotesi al vaglio dell’Amministrazione e della politica. Non vi rientra perché costerebbe troppo in termini di mancati introiti stimati a bilancio e quindi, pare, ‘chissenefrega’ della privacy, l’importante è partire, e subito.

D’altra parte, è ben vero che anche l’eventuale rinvio avrebbe scatenato l’ira di tanti, tant’è che da più parti si erano levate voci a segnalare come ormai fosse troppo tardi per fermare la “macchina digitale”.

Insomma, se si voleva scontentare tutti, ma proprio tutti, ancora una volta ci sono riusciti.

L’ipotesi proroga, magari giusto per il tempo necessario a rivedere il sistema e metterlo a norma, sembrava scontata, dinnanzi ad un Provvedimento del Garante Privacy che, senza ombra di dubbio, delinea un sistema oltremodo fragile dal punto di vista della tutela dei dati. E quanto tale ipotesi era sul banco, oserei dire data quasi per scontata, ciò non poteva che far sorgere delle domande: proroga sì, ma per quanto tempo? Sarebbe stato possibile rivedere il sistema dalle fondamenta? E a quali costi? E ancor più… Chi avrebbe dovuto sostenere tutte le spese che ne sarebbero scaturite?

Cari amici, il punto fondamentale è che tutto quanto accaduto non ha senso. Non ha alcun senso, da qualsiasi parte si guardi la questione. Ed è mai possibile che dopo un anno in cui non si parla d’altro, il Garante abbia posto le proprie osservazioni così a ridosso dal via?

E’ mai possibile che in una nazione nella quale ci chiedono costantemente di trasmettere ogni diavoleria di dato (e di proteggere tali dati “a costo della vita”), si possa scoprire che un’operazione mastodontica, che non ha precedenti al mondo perché prevede un avvio indistinto “in botta unica”, sia stata gestita senza consultare il Garante e lasciando – sempre secondo il Garante stesso – delle enormi falle in termini di sicurezza?

Eppure questo è quanto accaduto, è tutto scritto, “nero su bianco”, e già di per se stessa questa informazione sarebbe sufficiente a farci cadere nel più profondo sconforto, per non dire nella rabbia più nera. E mentre eravamo ancora presi dal chiederci chi sarebbe stato chiamato a rispondere di questa incredibile, stupefacente, mancanza, apprendiamo che a quanto pare “non fa nulla”, si va avanti lo stesso!

Chi pagherà il prezzo di questo enorme pasticcio? Io una risposta ce l’ho, e non mi piace per niente. A pagare, di sicuro, saranno sempre i soliti: i consulenti, per una volta in buona compagnia dei loro clienti. Innanzi tutto per l’enorme quantità di soldi e tempo che sono stati investiti in questa meravigliosa digitalizzazione, in questa mirabolante operazione che avrebbe dovuto proiettare le aziende e gli studi del futuro. E come non bastasse, dopo aver speso tanto per essere pronti, pagheremo una seconda volta, e questa volta potrebbe trattasi di un prezzo caro, carissimo: ogni volta che invieremo una fattura elettronica, non avremo più un semplice dubbio, ma la certezza che lo stiamo facendo per ottemperare ad un obbligo di legge, così facendo però mettendo a rischio la riservatezza dei dati trasmessi.

L’ipotesi proroga, dicevamo, non è piaciuta a molti, ma credo che a queste condizioni, se ci si sofferma a pensare a cosa stiamo andando incontro, non c’è costo di software o corso di aggiornamento che tenga: stiamo per mettere, consapevolmente, le nostre informazioni in uno spazio virtuale potenzialmente pieno di occhi indiscreti.

Il tutto senza nemmeno soffermarsi a pensare che forse non sia poi così vero che le imprese siano pronte, e quindi, come minimo, speriamo che venga prevista la moratoria delle sanzioni per tutto l’anno 2019.

Sino a ieri, a logica, pensavamo che le opzioni possibili potessero essere solo due: o un cambio radicale di meccanismo, con i conseguenti dubbi di tempistica e di nuovi costi per adeguare nuovamente il tutto e rispiegare di nuovo tutto da capo, oppure (improbabile, ma siamo il paese delle cose impossibili), un rinvio sine die, che avrebbe costituito una clamorosa presa in giro per tutti coloro che avevano già investito in software, PEC, strutture informatiche, corsi di formazione, eccetera.

Solo una variabile (evidentemente fondamentale) non avevamo considerato a sufficienza: l’introito preventivato nelle casse statali. Un introito talmente importante da arrivare laddove non avremmo mai immaginato di poter arrivare, ovvero che il provvedimento del Garante venisse bellamente ignorato, perché è questo che emerge dalle stanze dei Palazzi.

Certo, senza proroga saremo tutti contenti: lo Stato, chi si è adeguato, chi comunque ha ancora qualche giorno di tempo per farlo. Magari il Garante no, ma evidentemente di questo poco importa. Certo è che, se questo effettivamente sarà quello che accadrà, viene da chiedersi con quale faccia ora si avrebbe il coraggio di sanzionare un’azienda per il mancato rispetto della privacy, dopo che un intero sistema nazionale è stato costruito ignorandone le disposizioni.

Da qualunque parte la si guardi, il tempo della resa dei conti è comunque giunto. Vedremo se la compliance, il “Fisco Amico”, esistono o sono solo favolette, e specularmente vedremo se la normativa privacy esiste solo quando serve per fare – ancora una volta - cassa, rispondendo infine alla domanda delle domande: possibile che, indipendentemente da correnti e colori, quel che conta sia soltanto recuperare avidamente denaro, a qualsiasi costo?

Cari amici, lascio a voi la risposta, e come da tradizione vi saluto con una citazione, che a mio avviso ben rappresenta quello che deve diventare, gioco forza, l’approccio al nostro mestiere, a quella professione che una volta amavamo tanto.



Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile
(Oscar Wilde)

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