12 ottobre 2018

Pace fiscale, ma non per tutti

A cura di Francesco Barone

Nello “schema di decreto legge recante disposizioni urgenti in materia fiscale”, recentemente proposto dal Governo, sono contenute norme volte ad estinguere i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione entro una certa data nonché a chiudere le controversie pendenti nel contenzioso tributario.

Lo scopo, è risaputo, è quello di “racimolare” qualche soldino che servirà per le esigenze di copertura delle spese statali.
In realtà, però, analizzando bene il documento, si può affermare che non tutti i contribuenti hanno delle pendenze con l’Agenzia delle entrate riscossione e non tutti i contribuenti hanno in atto delle liti fiscali pendenti. Ciò significa che rimangono fuori dall’applicazione delle citate disposizioni, tutti coloro che non hanno “vertenze” con il Fisco o pendenze con la riscossione.

Una “pace fiscale”, quindi, ma non per tutti.
Ma andiamo oltre.

Visto che lo Stato ha bisogno di entrate, forse è il caso di fornire qualche suggerimento che potrebbe portare “acqua al mulino”.
Nello specifico, nelle definizioni proposte non vengono presi in considerazione i processi verbali di constatazione né operazioni che riguardano il magazzino.

Nelle altre definizioni eseguite in anni precedenti, come, per esempio, quelle relative alle sanatorie di cui alla legge n. 289/2002, i PVC potevano essere definiti a seconda del tipo del tributo oggetto dei rilievi. Nello specifico, il contribuente controllato, aderendo alla definizione, doveva versare:
  • per i rilievi relativi alle imposte sui redditi, relative addizionali e imposte sostitutive, un importo pari al 18 per cento della somma dei maggiori componenti positivi e minori componenti negativi risultanti dallo stesso PVC;
  • per i rilievi riguardanti l’IVA, l’IRAP e alre imposte indirette, un importo pari al 50 per cento della maggiore imposta dovuta sulla base dei rilievi contenuti nel PVC;
  • per le violazioni comportanti sanzioni non collegate al tributo, un importo pari al 10 per cento delle sanzioni minime applicabili;
  • per le violazioni del sostituto di imposta per omessa effettuazione e versamento di ritenute, un importo pari al 35 per cento delle maggiori ritenute omesse risultanti dal PVC.

Si è dell’avviso che un’operazione simile, da trasfondere nel decreto in corso di approvazione, con qualche ritocco “in basso” delle citate percentuali, da una parte, porterebbe maggiori entrate per lo Stato, con conseguente riduzione del futuro contenzioso tributario, dall’altra permetterebbe al contribuente di chiudere definitivamente la controversia con il Fisco.
Il tutto potrebbe funzionare, però, se le violazioni rilevate nel PVC siano fondate ovvero se sussiste la possibilità di definire parzialmente e non totalmente i rilievi contenuti nello stesso PVC.

Il contribuente in attività, imprenditoriale o professionale, in genere, ha la volontà di “sbarazzarsi” di zavorre fiscali che minano il proseguo delle attività, ma deve essere anche messo nelle condizioni di poter aderire senza pregiudicare la continuità aziendale o professionale.
Quanto al magazzino, “un’imbeccata” da seguire potrebbe essere quella relativa alla sua rottamazione, versando un’imposta sostitutiva.
In anni ormai lontani, con l’articolo 7, comma 11, della legge n. 488/1999, fu previsto che l’imprenditore soggetto agli studi di settore o ai parametri, poteva procedere all’adeguamento delle esistenze iniziali, mediante l’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi nonché mediante l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse.

In caso di eliminazione di valori, l'adeguamento comportava il pagamento:

a) dell'IVA, determinata applicando l'aliquota media riferibile (all’epoca all'anno 1999) all'ammontare che si otteneva moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione stabilito dal DM 23 marzo 2000, tenendo conto delle risultanze degli studi di settore e dei parametri;
b) di una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (oggi IRES) e dell'IRAP, in misura pari al 30 per cento da applicare alla differenza tra l'ammontare calcolato con le modalità indicate alla lettera a) ed il valore eliminato.


In caso di iscrizione di valori, invece, l'adeguamento comportava il pagamento di una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (oggi IRES) e dell'IRAP, in misura pari al 30 per cento da applicare al valore iscritto.
Un provvedimento simile a quanto suesposto, da inserire nel decreto in corso di approvazione, permetterebbe agli imprenditori di regolarizzare il magazzino, eliminando quantità di merce invendibile che, se venduta, implicherebbe una tassazione molto elevata.
Sembra opportuno, dunque, che qualcuno prenda in considerazione quanto precede. Le parti in causa avrebbero tutti un vantaggio: lo Stato incassa qualcosa in più ed il contribuente avrebbe la possibilità di sanare qualche irregolarità commessa in precedenti periodi d’imposta.

Meditate gente, meditate!
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