3 dicembre 2018

Sanatoria errori formali: quale convenienza?

A cura di Giuseppe Avanzato

La dichiarazione integrativa speciale di cui all’art. 9 del D.L. n. 119/2018, per effetto degli emendamenti presentati in Commissione Finanze al Senato, ora al vaglio della Camera, è stata cancellata dal Decreto Fiscale ed è stata sostituita con la sanatoria degli errori formali. In particolare, l’art. 9 del Decreto nel testo ad oggi al vaglio del Parlamento recita: “Le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell’IVA e dell’IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possono essere regolarizzate mediante il versamento di una somma pari ad euro 200 per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni”.

È evidente come la nuova disposizione ruoti intorno al concetto di violazione formale, per cui appare fondamentale precisare meglio cosa si debba intendere per tale.

In linea teorica, con questo termine si intendono le irregolarità commesse dal contribuente che non incidono sulla determinazione della base imponibile e sul pagamento dei tributi, tuttavia, nella pratica non risulta affatto agevole delineare l’esatto perimetro delle stesse ai fini della disposizione in commento.

Infatti, l'articolo 10, comma 3 della Legge n. 212 del 2000 prevede la non punibilità di quei comportamenti che si traducono in una "mera violazione formale senza alcun debito d'imposta". In attuazione di tale previsione, la disposizione recata dal comma 5-bis dell'articolo 6 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997 stabilisce che non sono punibili le violazioni che, oltre a non incidere sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo, non pregiudicano l'attività di controllo dell'Amministrazione finanziaria. Resta, invece, punibile ogni altra violazione che sia di ostacolo all'attività di controllo. Pertanto, per effetto di tale disposizione, in tutti i casi in cui la violazione commessa dal contribuente non implichi variazioni della base imponibile e non ostacoli l’attività di controllo esperita dall’Amministrazione finanziaria non potrà essere irrogata alcuna sanzione. Appare evidente, dunque, che nelle predette ipotesi il contribuente non avrà alcun interesse a ricorrere alla definizione prevista dall’articolo 9 in commento.

Discorso diverso dovrà farsi con riferimento alle violazioni di norme tributarie punibili con sanzioni amministrative per le quali la convenienza nell’utilizzo dell’istituto in esame dovrà essere opportunamente valutato caso per caso.

Il problema, tuttavia, è che il discrimen tra sanzioni formali e non potrà che essere determinato univocamente dal Fisco per cui vi sarà il realistico rischio che, a causa dell’incerto perimetro della non sanzionabilià della violazione, molti contribuenti aderiranno alla sanatoria prevista dall’art. 9 in tutti quei casi in cui risulti più economico condonare rispetto a proporre ricorso dinnanzi al Giudice tributario.

Alcuni chiarimenti in merito al concetto di violazione formale sono contenuti nella Circolare n. 77/2001 dell’Agenzia delle Entrate.

Il documento di prassi richiamato, al paragrafo 3.1, interpretando quanto sancito dall'articolo 10, comma 3 della Legge n. 212 del 2000 e dal comma 5-bis dell'articolo 6 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, fa una distinzione tra mere violazioni formali ovvero violazioni che, oltre a non incidere sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo, non pregiudicano l'attività di controllo dell'Amministrazione finanziaria e irregolarità formali vere e proprie ovvero quelle che pur non incidendo sulla determinazione della base imponibile sono, di fatto, di ostacolo all’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria. A parere dell’Agenzia delle Entrate, mentre le prime non sono sanzionabili le seconde, nella misura in cui recano pregiudizio all'esercizio dell'azione di controllo della medesima devono ritenersi senz’altro punibili.

Appare chiaro, dunque, per quanto in questa sede ci interessa, che la convenienza all’adesione all’istituto previsto dall’art. 9 del DL 119/2018 sussiste solo con riferimento alle violazioni per cui è prevista una sanzione che possa essere definita in forma agevolata ovvero solo per le violazioni formali in senso proprio.

Il documento di prassi in commento prevede poi espressamente che l'esimente della non sanzionabilità di cui si è testè argomentato non torni applicabile per tutte quelle violazioni formali, aventi ad oggetto la presentazione, entro termini predeterminati normativamente, di atti che, per definizione, sono soggetti a controllo. In tali casi dunque l’adesione alla sanatoria in parola potrebbe apparire appetibile.

La circolare fa riferimento, nello specifico, ad alcune fattispecie di errori formali per le quali, anche in assenza di un debito tributario è sancita la punibilità in quanto trattasi di irregolarità ostative all’attività di controllo dell’ufficio. Tra quest’ultime si annovera:
  • l’omessa Dichiarazione dei Redditi senza imposte dovute;
  • l’omessa dichiarazione dei sostituti d’imposta anche se in presenza di ritenute versate;
  • l’omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA anche se il contribuente effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta;
  • l’omessa dichiarazione Iva periodica;
  • la mancata o tardiva restituzione dei questionari;
  • l’inottemperanza all’invito a comparire all’ufficio.

Tanto chiarito, tuttavia è necessario evidenziare come la stessa Amministrazione non manchi di precisare già nella circolare in rassegna che la valutazione in concreto circa l’effettiva natura della violazione formale commessa dal contribuente nei singoli casi specifici non può che essere effettuata a posteriori dagli uffici con ovvie ripercussioni in termini di certezza del diritto sui contribuenti interessati dalle stesse.

Si può verificare, infatti, che violazioni potenzialmente idonee ad incidere negativamente sull'attività di controllo, come ad esempio le irregolarità formali relative al contenuto delle dichiarazioni di cui all'articolo 8, comma 1, del D. Lgs. n. 471 del 1997, non siano punibili, essendo risultato in concreto che le stesse, anche per effetto dell'eventuale regolarizzazione pro tempore delle medesime, non abbiano in concreto ostacolato l'azione dell'ufficio.

Pertanto, in sede di stesura definitiva della norma, il Legislatore dovrà fare particolare attenzione al valore etimologico delle parole usate onde evitare sostanziali problemi interpretativi in merito alla disposizione emanata.

Un’ultima riflessione sia concessa.

Data la tipologia di violazioni sanabili, seri dubbi sorgono circa l’effettiva convenienza per i contribuenti dell’adesione all’istituto previsto dall’art. 9 del DL 119/2018.

Si pensi, per esempio, alle conseguenze previste dal Legislatore in caso di mancata o tardiva restituzione dei questionari.

In tali casi, in base a quanto disposto dall’art. 11 comma 1 del D. Lgs. 471/97, a chi ha commesso la violazione viene comminata una sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2000. Nella prassi la sanzione effettivamente irrorata è quella pari al minimo edittale previsto, peraltro riducibile ad un terzo nel caso in cui il contribuente presti acquiescenza entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione.

Tuttavia, al di là di questa (peraltro contenuta) sanzione pecuniaria, le disposizioni normative in vigore prevedono delle conseguenze sostanziali ben più gravi in presenza di tali comportamenti reticenti dei contribuenti. Infatti, il disposto di cui al quarto comma dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/73 (cui rinvia espressamente l’ultimo comma dell’articolo 51 del DPR n. 633/72) statuisce che “Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa”.

A ciò si aggiunga che la lettera d-bis) del secondo comma dell’articolo 39, DPR 600/1973, dispone che l’ufficio può procedere all’accertamento del reddito d’impresa in via induttiva, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili, avvalendosi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Alla luce di quanto precede, ferma restando in tali fattispecie la mancata convenienza in termini economici dell’adesione alla sanatoria ex art. 9 ( si deve pagare 200 € per sanare una sanzione il cui importo ridotto ad un terzo sarebbe pari a 83 euro circa), non si può non sottolineare che il pagamento della sanzione amministrativa non consentirebbe comunque al contribuente di sanare le ulteriori preclusioni previste dalla legge in conseguenza della violazione commessa ovvero la possibilità per l’ufficio accertatore di eseguire un accertamento induttivo in capo al contribuente e l’inutilizzabilità in sede contenziosa dei dati e delle notizie non fornite.

Per cui, appare evidente, che in casi come quello analizzato alcuna convenienza può essere ravvisata nell’adesione alla sanatoria.
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