Il Rischio di Compliance rappresenta il rischio da parte di un’impresa di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni reputazionali a fronte di violazioni di legge, di regolamenti o di autoregolamentazioni.
L’ attività di Compliance consiste pertanto nell’implementazione di un sistema di attività volte all’individuazione, valutazione, monitoraggio e reporting sulla conformità a leggi, regolamenti e procedure. La compliance, dunque, rappresenta una variabile strategica che permea l’attività di tutti i livelli organizzativi, nelle sfere di relativa responsabilità; parliamo di una funzione basata su di un approccio sistematico dell’analisi del rischio, capillare e proattivo e capace di permettere un’adeguata conoscenza ed un monitoraggio dei principali requisiti normativi e procedurali alla base del modus operandi di un’organizzazione.
Orbene, il riconoscimento di un coinvolgimento diretto delle persone giuridiche nell’ambito della compliance ha tuttavia incontrato in molti ordinamenti, compreso quello italiano, una serie di resistenze soprattutto sotto il profilo della responsabilità e del connesso sistema sanzionatorio, il tutto dovuto principalmente al necessario confronto con una natura spiccatamente antropocentrica del diritto penale classico. Tuttavia, l’affermarsi nella società moderna di una corporate criminality e la contestuale scarsa incisività degli strumenti penali modellati sulla sola persona fisica, ha portato a ricercare nuovi paradigmi sanzionatori volti a reprimere la crescente commissione di quei reati che trovano nell’organizzazione aziendale la loro sorgente.
In Italia, in attuazione della delega di cui all’art 11 della Legge 29 settembre 2000 n 300 è stato emanato il D.lgs. 8 giugno 2001 n 231 con il quale il Legislatore ha adeguato la normativa interna alle Convenzioni internazionali in materia di responsabilità delle persone giuridiche. I reati presupposto contemplati nella citata normativa sono molteplici e tra questi vi rientra anche il riciclaggio di denaro. Gli obblighi previsti dal D.lgs. 231/2007 hanno trovato infatti una loro trasposizione nell’ambito della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche con l’introduzione dell’ art. 25-octies D.lgs. 231/2001 volto a disciplinare i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale. Tuttavia, l’obbligo di introdurre e implementare adeguate misure organizzative e gestionali volte a mitigare il rischio di commissione di reati non grava solo ed esclusivamente in capo agli enti di diritto privato. Con La legge 6 novembre 2012, n. 190 sono state infatti approvate le "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione" (c.d. “Legge Anticorruzione”). A tal fine, ogni amministrazione pubblica definisce un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza che, sulla base delle indicazioni presenti nel PNA, effettua l’analisi e la valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli. Il PNA statuisce che i contenuti dello stesso sono rivolti agli enti pubblici economici, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, alle società partecipate ed a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari. Al fine di evitare inutili ridondanze, il PNA statuisce che le società partecipate, qualora adottino già modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo sulla base del D.lgs. n. 231 del 2001, devono implementare solo le misure di prevenzione alla corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del D.lgs. 231/2001.
La Legge n. 190/2012 ed il D.lgs. 231/01 presentano pertanto molte analogie di fondo in quanto sistemi finalizzati entrambi a prevenire la commissione di reati nonché ad esonerare da responsabilità gli organi preposti qualora le misure adottate siano adeguate, tuttavia sussistono differenze altrettanto significative.
La complementarietà dei citati sistemi normativi assume non da ultimo una spiccata rilevanza in tempi moderni nell’ambito del processo di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La legislazione anticorruzione e antiriciclaggio svolgono infatti un presidio strategico di supporto ed assistenza alle stazioni appaltanti, finalizzato a garantire il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, nonché la trasparenza e la correttezza di ogni fase di realizzazione di un'opera.
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