19 novembre 2022

Condono salva decadenze

Autore: Paolo Iaccarino
Tregua, pace fiscale, condono. Tre sinonimi di un fenomeno complesso, difficile da comprendere per l’opinione pubblica. L’annullamento totale o parziale di un debito tributario non è necessariamente un atto immorale, eticamente sconveniente. A volte il condono, chiamiamolo con il proprio nome, è una necessità.

La diffusa considerazione negativa nei confronti delle misure di definizione agevolata nasce da un fraintendimento di fondo. L’evasione fiscale non è sempre uguale. C’è quella che si confonde con il sommerso, diventando invisibile al Fisco, alimentata dalla circolazione incontrollata del denaro contante. C’è, poi, quella ben visibile all’Amministrazione Finanziaria che si concretizza nell’omesso o ritardato pagamento degli importi diligentemente dichiarati nell’amara consapevolezza di non poterli assolvere. C’è, infine, l’elemento di forza maggiore, l’evento imprevedibile che, per le sue dimensioni, in nome della sopravvivenza non lascia altre possibilità. La prima è tesa a ridurre, con vari stratagemmi, il carico fiscale; la seconda consta nella mera violazione delle disposizioni in materia di versamento; la terza è la conseguenza di una sciagura inaspettata.

Oggigiorno l’evasione fiscale propriamente detta, la prima, rappresenta una piaga per l’economia e per la società. Il sommerso tende ad accumularsi in specifici settori di attività, dove solitamente l’incasso avviene in denaro contante e il lavoro irregolare è un fenomeno difficile da contrastare. Questa è l’unica che alimenta la concorrenza sleale. Bene, per questa tipologia di evasione la “tregua fiscale”, ovvero il condono secondo la ricetta Meloni, è assolutamente irrilevante. Non si tratta, infatti, di una definizione alla Berlusconi, dove in cambio della tranquillità su futuri controlli era necessario sborsare l’obolo straordinario richiesto dallo Stato.

La prossima “tregua fiscale” interesserà esclusivamente i debiti già esistenti, prevalentemente, se non esclusivamente, iscritti a ruolo. A beneficiarne, pertanto, saranno coloro che perpetrano la seconda e la terza tipologia di evasione fiscale, i contribuenti diligenti sotto il punto di vista dichiarativo, meno ai fini del versamento. Si dirà, anche loro sono evasori. Vero, ma evasori di un Dio minore. Come definirli dopo due anni di pandemia?

Il Covid ha segnato profondamente la vita delle imprese e dei professionisti e non ha consentito loro di assolvere regolarmente ai debiti tributari, propri e dei propri collaboratori per i quali rappresentato i sostituti d’imposta. Con la pandemia, inoltre, non è stato semplicemente accumulato uno stock di debiti tributari. Con essa sono decaduti tantissimi piani di versamento, importi la cui nuova rateazione è stata resa oltremodo difficile dalle vecchie disposizioni dell’articolo 19 del dPR n. 602 del 1973 e da un periodo di sospensione troppo lungo per essere riassorbito con gli strumenti a disposizione.

In assenza di reali alternative, allora, la “tregua fiscale” è la chiave di volta per recuperare debiti tributari destinati inevitabilmente all’azione esecutiva. Come è stato per il passato, indipendentemente dalla storia del debito e dal risparmio che si otterrà, l’adesione alla definizione agevolata consentirà a tutti i debiti di ottenere un loro piano di rateazione straordinario, anche se ricompresi in precedenti piani di rateazione decaduti. Una seconda possibilità, richiesta a gran voce, che è mancata in questa lunga crisi senza fine.
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