25 settembre 2018

CNDCEC: l’ampliamento della flat tax penalizza chi investe

Autore: E.A.
La riforma fiscale è uno dei temi centrali di discussione degli ultimi giorni, in vista della presentazione da parte del Governo del Documento di economia e finanza, prevista entro la prossima settimana. Secondo le ultime novità emerse, il nuovo piano del governo per ridurre le tasse contempla la flat tax per le partite Iva, che, al momento, pare sia destinata alle partite Iva con un volume di affari che ammonta a 65 mila euro.

Secondo tale indicazione, rientrerebbero pertanto nell’ambito di previsione della misura i commercianti, gli artigiani, i professionisti e tutte le piccole imprese, nei cui confronti sarebbe dunque prevista una aliquota unica forfettaria al 15% che andrà a sostituire Irpef, Irap e le addizionali.

In realtà, attualmente questo regime fiscale (introdotto dal Governo Renzi (articolo 1, comma 54 e seguenti della Legge 190/2014) è già in atto per le partite Iva fino a 30 mila euro da circa un milione di partite IVA nel 2016. Pertanto il nuovo regime che si intende varare, in sostanza, andrebbe a raddoppiare la soglia già prevista.

Tale sistema, tuttavia, non risulta essere pienamente condiviso; ne criticano la validità i Commercialisti che, in un comunicato stampa diffuso nella serata di ieri dal CNDCEC, lo definiscono “altamente distorsivo”.

Nel documento si rileva, difatti, che sono circa 593.000 le partite IVA individuali con fatturato fino a 65 mila euro che possono rientrare nell’ampliamento dell’ambito di applicazione del regime forfetario con flat tax al 15%, rispetto alle attuali soglie di fatturato che oscillano tra i 50 mila euro, per coloro che esercitano attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio e attività di alloggio e ristorazione, e i 30mila euro per i liberi professionisti. Non tutti potranno però in concreto avvalersene, perché restano escluse quelle partite IVA individuali che, pur restando sotto la soglia di fatturato massimo, risultano anche socie di società e associazioni professionali e/o utilizzano beni strumentali per un valore superiore a 20.000 euro e/o sostengono spese per dipendenti e collaboratori in misura superiore a 5.000 euro annui.

Ciò pertanto comporta – secondo quanto dichiarato dal Presidente del CNDCEC Massimo Miani – che, laddove la flat tax come modello di tassazione sganciato dal regime forfetario potrebbe essere un vero aiuto alle partite IVA, ove, tuttavia, si limiti ad ampliare la soglia di fatturato del regime dei minimi finisce per risultare “altamente distorsivo, perché crea il paradosso di premiare, anche a parità di fatturato, le partite IVA che non si aggregano, che non investono e che non assumono, penalizzando invece quelle che fanno anche una soltanto di queste tre cose importantissime affinché le attività crescano e con esse l’economia.”

Ed in proposito il Presidente Minai ha pure voluto ricordare come la scorsa settimana, in occasione dell’audizione avanti la Commissione Finanze del Senato, il Consiglio Nazionale ha detto con chiarezza che “senza correttivi, l’operazione che il governo vuole mettere in campo rischia di determinare degli effetti distorsivi estremamente dannosi, pur partendo dalle migliori intenzioni”.
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