30 gennaio 2019

Abuso di diritto nella scissione parziale e trasmissione telematica corrispettivi: ancora chiarimenti del Fisco

Autore: Redazione Fiscal Focus
Esame della sussistenza di fattispecie di abuso ai fini delle imposte dirette, IVA e imposte di registro, ipotecarie e catastali nell’ambito di un’operazione di scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione della partecipazione totalitaria nella scissa e soluzione ad un quesito posto in merito all’opzione per la trasmissione telematica di corrispettivi, sono stati oggetto rispettivamente della Risposta n. 13/2019 e Risposta n. 14/2019 pubblicate ieri dall’Agenzia delle Entrate.

C’è poi anche la Risposta n. 15/2019 in cui l’Agenzia delle Entrare chiarisce che l’aliquota IVA applicabile alle cessioni di miscanto in genere (ad esempio greggio, anche trinciato, macinato, pressato o agglomerato in forma di pellets), che è un prodotto erbaceo agricolo, è quella ordinaria del 22% e ciò, in quanto la classificazione doganale del miscanto non è riconducibile ad alcun punto della Tabella A parte II, II-bis e III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.

La risposta in tema di scissione –In merito alla prima delle risposte di cui in premessa, il caso ha riguardato quello di un’operazione di scissione parziale proporzionale a favore di una beneficiaria neocostituita, seguita dalla cessione della partecipazione totalitaria nella scissa.
Con riferimento al comparto delle imposte dirette (IRES ed IRAP), in primo luogo l’Agenzia delle Entrate evidenzia che si è di fronte a schema di circolazione indiretta di ramo d’azienda, in cui la riorganizzazione avviene nell’ambito di un gruppo e, in particolare, all’interno di un medesimo perimetro di consolidamento. Pertanto, dice l’Agenzia, la menzionata e le altre peculiarità dell’operazione descritta dall’istante “non appaiono tali da far ritenere conseguito un indebito vantaggio d’imposta e, di conseguenza, non sono idonee a giungere a una conclusione diversa da quella assunta nella citata risoluzione n. 97/E del 2017. Invero, la cessione delle partecipazioni sarà assoggettata all’ordinario regime impositivo dei redditi d’impresa previsto dall’articolo 86 del TUIR per le due società cedenti, dal momento che sia la società scissa sia la beneficiaria continueranno a essere non commerciali ai fini dell’articolo 87, comma 1, lettera d), del TUIR, stante la prevalenza del valore degli immobili”.

In merito, poi, alla richiesta di parere circa la sussistenza di una fattispecie di abuso del diritto ai fini IVA, l’Amministrazione finanziaria afferma che “affinché non siano ravvisabili profili elusivi, è necessario che le descritte operazioni siano finalizzate all’effettiva continuazione dell’attività da parte della società beneficiaria della scissione”.

Infine, riguardo il comparto imposte di registro, ipotecarie e catastali, in prima battuta l’Agenzia delle Entrate premette che l’operazione di scissione, al pari una di una cessione indiretta d’azienda è assoggetta ad imposta di registro in misura fissa (art. 11, Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/1986).

Ad ogni modo, anche con riferimento al comparto delle menzionate imposte, l’Agenzia arriva a concludere che “l’effettuazione della preventiva scissione, finalizzata a scorporare il ramo d’azienda oggetto di successiva cessione indiretta mediante il trasferimento della totalità delle partecipazioni non configura il conseguimento di un vantaggio indebito realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. La tassazione in misura fissa nell’ambito dell’imposta di registro risponde ad esigenze che nulla hanno a che vedere con la tassazione di capacità contributiva e che quindi non possono ritenersi “vantaggi fiscali” concessi dal legislatore a fronte della manifestazione di una capacità contributiva”.

In tema di trasmissione corrispettivi –La seconda risposta (ossia la n. 14/2019), riguarda il caso di una società operante nella grande distribuzione che, non avendo aderito al regime opzionale di trasmissione dei corrispettivi di cui all’articolo 1 della Legge 2004/311, ha sempre certificato le vendite al dettaglio concluse presso i propri punti vendita tramite scontrini fiscali.
Successivamente, con effetto dal 1° gennaio 2019, l’istante ha esercitato l’opzione prevista dall’articolo 2, comma 1, del D.lgs. n. 127/2015 a seguito della quale è congiuntamente tenuta da un lato alla memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, secondo le indicazioni fornite dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 giugno 2016 (prot. n. 182017) ed alle relative specifiche tecniche, e dall’altro all’emissione, in luogo degli scontrini fiscali, del documento commerciale, disciplinato con decreto MEF (di concerto col MISE) del 7 dicembre 2016.

Con riferimento al primo obbligo, la società si doterà, per ciascun punto vendita, di un Server-RT collegato ai registratori di cassa attualmente in uso che saranno via via “defiscalizzati”. Riguardo, invece, il secondo adempimento, la società conta di utilizzare per l’emissione le stampanti “fiscali” ad oggi in uso per gli scontrini sino ad esaurimento/obsolescenza/necessità di ripristino delle stesse.
Tanto premesso, dunque, l’istante chiede all’Amministrazione finanziaria, che siano fornite indicazioni sui tempi per la “defiscalizzazione” dei registratori di cassa e se possa essere emesso un documento commerciale redatto in base ad un proprio layout, che allega, ove l’indicazione del logotipo “MF” sia riportato sotto il testo del documento stesso.

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricostruito il quadro normativo, arriva a chiarire che in merito al primo quesito, la “defiscalizzazione” dei registratori di cassa collegati a Server-RT può avvenire nel rispetto degli indispensabili tempi tecnici previsti per l’intervento dei soggetti incaricati e ritiene compatibile che tale procedura si perfezioni entro il 16 febbraio 2019 ossia entro il termine previsto per la liquidazione periodica IVA del mese di gennaio 2019. Riguardo, invece, il secondo quesito, l’Amministrazione afferma che “il documento commerciale emesso per mezzo di un registratore di cassa, utilizzando le relative stampanti fiscali (sino a loro esaurimento), che rispetti il contenuto minimo individuato dall’articolo 2 del decreto 7 dicembre 2016, è allo stesso conforme pur recando il logotipo MF seguito dalla matricola in calce, qualora riporti un’indicazione (ad esempio, “non valido ai fini fiscali ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 127/2015”) idonea a fugare qualsiasi dubbio circa la sua portata esclusivamente commerciale (e non fiscale)”.

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