15 ottobre 2018

Contratti di locazione: la mancata percezione del canone è causa esimente dal pagamento dei tributi

Autore: Giuseppe Avanzato
Nella recente pronuncia n. 1832 del 18 settembre 2018 la CTP di Agrigento si è espressa in merito al trattamento fiscale dei canoni di locazione non riscossi.

La controversia sottoposta al vaglio dei giudici agrigentini aveva ad oggetto la tassabilità dei canoni di locazione relativi all’anno d’imposta 2012, assertivamente non percepiti dal ricorrente a causa dello stato di decozione in cui versava la ditta conduttrice, successivamente dichiarata fallita in data 07 febbraio 2013.

In particolare, il contribuente chiedeva alla Commissione Tributaria l’annullamento dell’avviso d’accertamento poiché la ditta alla quale l’immobile era stato locato non aveva mai corrisposto i canoni dovuti, in conseguenza di ciò, si era in presenza di una manifesta inesigibilità del credito maturato derivandone per l’effetto l’illegittimità dell’atto impositivo emesso dall’Agenzia delle entrate. All’opposto l’ufficio ribadiva la correttezza del proprio operato in quanto, a suo dire, il reddito imponibile scaturente dagli immobili locati è quello desumibile dal contratto di locazione a nulla rilevando la mancata effettiva percezione dei canoni di locazione dovuti in ossequio a quanto disposto dall’art. 26 del DPR 917 del 1986 (TUIR).
Nello specifico la disposizione normativa richiamata prevede che “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall'art. 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.

In altre parole la norma richiamata prevede l’esclusione dei canoni non riscossi dal reddito complessivo in presenza delle seguenti condizioni:
  • l’immobile risulta locato a uso abitativo;
  • il conduttore dell’immobile risulta moroso rispetto ai canoni locativi;
  • si è concluso il procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto.

Il locatore che concede in locazione un immobile strumentale (opifici – D/1, uffici – A/10, ecc.) sembrerebbe non godere, invece, del medesimo regime di “favore”, dovendo versare le imposte sui canoni non riscossi anche se il procedimento di convalida di sfratto si è concluso.

Ai fini della decisione la Corte di merito adita osserva come, sebbene aderendo al dettato letterale della norma debba necessariamente concludersi che i canoni di locazione siano sottoponibili a tassazione indipendentemente dalla loro effettiva percezione, in ossequio al principio costituzionale della capacità contributiva appare innegabile come la mancata percezione delle somme dovute in base al contratto di locazione costituisca causa esimente rispetto al pagamento dei tributi richiesti.

I giudici agrigentini inoltre non mancano di precisare che incombe sull’amministrazione finanziaria la prova dell’effettiva percezione delle somme da parte del contribuente non potendosi di certo chiedere allo stesso la prova impossibile della mancata percezione.

Nelle parole dei giudici di prime cure “ritiene la commissione di dovere aderire all’indirizzo giurisprudenziale che scaturisce dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione n.6911 del 07/05/2003 secondo la quale “ai fini del reddito imponibile degli immobili locati non deve considerarsi l’ammontare dei canoni indicati nei contratti di locazione qualora tali canoni risultino non versati dall’inquilino, in quanto secondo l’art.53 della Costituzione , il carico fiscale deve essere ragguagliato alla capacità contributiva cioè all’effettiva ricchezza a disposizione del contribuente”.
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