26 ottobre 2018

Operazioni transfrontaliere: stabile organizzazione e regime di neutralità

Autore: Pietro Mosella
In merito alle operazioni transfrontaliere, di fondamentale importanza è il concetto relativo alla presenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Per stabile organizzazione, s’intende una qualunque organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica, caratterizzata da un grado di sufficiente permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e materiali tale da poter essere in grado di ricevere ed utilizzare i servizi ricevuti per le proprie esigenze, nonché di essere in grado di fornire essa stessa i servizi dei quali si ritiene in grado di prestare (Circolare n. 37/E/2011).
Possedere un numero identificativo IVA non è, di per sé, elemento sufficiente per ritenere che un soggetto passivo residente all’estero abbia una “stabile organizzazione” nello Stato ove esso si sia identificato.

La stabile organizzazione può agire sotto un duplice aspetto:
  • quello di vero e proprio soggetto passivo con riguardo alle operazioni effettuate o ricevute direttamente;
  • quello di mero strumento del soggetto estero al fine di adempiere agli obblighi ed esercitare i diritti derivanti dalle operazioni territorialmente rilevanti dallo stesso effettuate.

In virtù di quanto previsto dalle disposizioni IVA, una stabile organizzazione in Italia di un soggetto passivo stabilito all’estero è un soggetto passivo d’imposta in Italia, autonomo rispetto alla casa madre, limitatamente alle operazioni da essa effettuate o ricevute (articolo 7, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633/1972).

Nello schema di decreto legislativo, approvato in prima lettura l’8 agosto 2018 dal Consiglio dei Ministri, recante attuazione della direttiva (UE) 2016/1164, in merito alle norme contro le pratiche di elusione fiscale, in materia di imposizione in uscita, all’articolo 2, prevede modifiche dell'articolo 166 del TUIR, stabilendo che, le disposizioni di detto articolo, si applicano ai soggetti che esercitano imprese commerciali qualora si verifichi una delle ipotesi che lo stesso articolo elenca.

Tra queste ipotesi, quella prevista al comma 1, lettera e) del sopra citato articolo, prevede che i sopra citati soggetti «sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e sono stati oggetto di incorporazione da parte di una società fiscalmente non residente oppure hanno effettuato una scissione a favore di una o più beneficiarie non residenti oppure hanno effettuato il conferimento di una stabile organizzazione o di un ramo di essa situati all’estero a favore di un soggetto fiscalmente residente all’estero».

Il successivo comma 3, alla lettera e), prevede che, la plusvalenza delle sopra citate operazioni, unitariamente determinata, è pari alla differenza tra il valore di mercato complessivo e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto dalle attività e passività che, prima del perfezionamento dell’operazione, facevano parte del patrimonio di un soggetto fiscalmente residente nel territorio dello Stato e che, successivamente a tale perfezionamento, non confluiscono nel patrimonio di una stabile organizzazione di un soggetto non residente situata nel territorio dello Stato.

In virtù di quanto disposto, quindi, se gli elementi aziendali confluiscono in una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente, la neutralità delle operazioni cross border rimane garantita.

Fusioni infra comunitarie e principio di neutralità - Nella fusione per incorporazione, la società incorporante conserva la propria soggettività giuridica, mentre, quella incorporata si estingue.
Ai fini delle imposte sul reddito, l’operazione di fusione si configura come neutrale, ossia non suscettibile di generare componenti positivi o negativi di reddito in capo alla società incorporante o risultante dall’operazione.

Si applica il principio di neutralità anche nel caso di fusioni infra-comunitarie, ovvero:
  • fusioni tra società di capitali o enti commerciali residenti in Italia e soggetti residenti in altro Stato dell’UE (articolo 178, comma 1, lett. a), TUIR);
  • fusioni tra soggetti entrambi non residenti in Italia, ma residenti in Stati fra loro diversi dell’UE, che riguardino stabili organizzazioni in Italia (articolo 178, comma 1, lett. d), TUIR).

La condizione per applicare il regime di neutralità è che, nel concambio previsto nell’operazione di fusione, l’eventuale conguaglio in denaro ai soci delle società fuse o incorporate, non superi il 10% del valore nominale della partecipazione ricevuta.

Ad esempio, nel caso di un’incorporazione di una società residente in Italia (Alfa) in una società residente in Francia (Beta), il post fusione prevede che Beta, società incorporante, abbia una stabile organizzazione in Italia. In questa ipotesi, rimane fermo il regime di neutralità sopra citato.

In un altro esempio, si applica, altresì, il regime di neutralità fiscale, nel caso di una fusione per incorporazione tra due società non residenti, ma con l’incorporata avente stabile organizzazione in Italia. In pratica, si crea la seguente situazione:
  • prima della fusione: la società Alfa, residente in Francia con una stabile organizzazione in Italia, viene incorporata dalla società Beta, che ha sede in Spagna;
  • post fusione: la società incorporante Beta, avrà una stabile organizzazione sia in Francia che in Italia.
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