martedì, 20 maggio 2025

18 dicembre 2014

15:50 - Chatham House: "Rischi per le banche italiane, francesi e austriache in Russia"

Nuvole nere sulle banche esposte in Russia, sotto il peso del collasso del rublo che rischia di affossare l'intera economia del paese con relative ripercussioni al di fuori dei confini del paese. E' la previsione tutt'altro che rosea del professor Philip Hanson, analista di lungo corso del britannico Royal Institute of international Affairs, Chatham House.

"In Russia le prospettive sono cattive per tutte le banche, comprese le filiali degli istituti francesi, italiani e austriaci. A differenza dei loro omologhi russi, tuttavia, queste possono essere salvate dalle banche madri, se lo volessero", spiega Hanson all'Adnkronos. Una decisione in questa direzione "dipenderà da un trade-off tra arginare le perdite a breve termine o perdere quote di mercato in Russia nel lungo periodo", osserva, aggiungendo che "questo dipenderà da come ogni banca vede le proprie prospettive di lungo periodo nel paese".

Professore emerito del Centro per gli Studi sulla Russia e l'Est Europa dell'Università di Birmingham, di cui è stato direttore per diversi anni, Hanson si sofferma anche sulle misure della banca centrale russa per contenere il tracollo del rublo. "La Banca Centrale russa - dice - deve riconquistare la fiducia del mercato, e questo adesso è estremamente difficile". Per Hanson "un forte aumento dei tassi di interesse ha già dimostrato di non riuscire a fermare la caduta della valuta nazionale" e "allo stesso tempo, tassi d'interesse elevati sono un deterrente per gli investimenti".

Secondo l'esperto, la strada da seguire passa per i tassi di interesse. "Penso che la banca debba attenersi a ciò che ha annunciato se vuole salvare la sua credibilità tanto danneggiata. Ciò significa persistere con una politica forte sui tassi di interesse piuttosto che ricorrere alle riserve", spiega. Bocciata poi ogni ipotesi di controllo sui capitali. "Non sono compatibili con gli approcci liberali della banca centrale e dei ministri dell'Economia e delle Finanze", sottolinea.

"Una possibilità semmai potrebbe essere un controllo parziale del capitale obbligando gli esportatori a vendere alla Banca Centrale una certa proporzione (per esempio metà) dei loro proventi dall'export in valuta estera". Una misura che in taluni casi potrebbe essere elusa dagli esportatori, ammette Hanson, ma non nei casi dei 'big' che "possono invece essere monitorati e controllati".
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