on decreto del 30 giugno scorso (n. 1218/2020), il Tribunale di Castrovillari, pronunciandosi su una delicata vicenda che ha coinvolto l'affidamento di due minori, ha deciso per l'affido super esclusivo al padre a causa dell'alienazione parentale posta in essere dalla madre in danno dei figli.
Si è già avuto modo di rilevare (cfr.
L’alienazione parentale del 21 settembre 2019) come la giurisprudenza riconosca sempre più importanza alla cosiddetta “sindrome da alienazione parentale” (PAS - Parental Alienation Syndrome) - ossia l’insieme delle conseguenze negative legate alla condotta del genitore che tenta di allontanare il figlio dall'altra figura genitoriale – e ciò nonostante essa non sia attualmente catalogata nei manuali diagnostici come un disturbo mentale né sussista univocità di vedute nelle decisioni finora pronunciate dai Tribunali e della Cassazione.
Un contributo importante, si ricorderà, era stato fornito da una sentenza di merito del Tribunale di Brescia (n. 815/2019) che, andando oltre qualunque classificazione medica o diagnostica, aveva autonomamente delineato gli otto punti grazie ai quali è possibile identificare una condizione di alienazione parentale.
La pronuncia del Tribunale di Castrovillari va ora nella direzione di determinare – sebbene con riferimento al caso di specie – i provvedimenti adottabili ove una tale situazione sia in concreto accertata.
Il caso è quello di due minori che, a seguito della cessazione delle relazione more uxorio tra i genitori, erano stati collocati presso la madre e il di lei marito e, con essi, trasferitisi in un comune di residenza diverso da quello in cui risiedeva anche il padre. Questi aveva successivamente agito in giudizio lamentando l'allontanamento affettivo maturato dai figli nei suoi confronti.
Nel corso del procedimento era stata disposta una CTU che aveva ravvisato una situazione di “alienazione parentale” posta in essere dalla madre nei confronti del padre in danno dei figli. Secondo il consulente la donna avrebbe perpetrato "un significativo condizionamento psicologico" nei confronti dei figli, allo scopo di cancellare e sostituire la figura paterna con quella dell'uomo che aveva successivamente sposato, inducendoli “attraverso specifiche strategie comportamentali e comunicative, dirette/indirette e volontarie/involontarie” all’idea di un padre (ed anche dei nonni paterni) dannoso e violento.
Il Tribunale, sulla scorta dei risultati della consulenza, aveva dapprima affidato i minori ad un Consultorio affinché, pur nel mantenimento della loro coabitazione con la madre, tentasse la rianimazione del rapporto padre/figli.
Successivamente, constatato l’insuccesso di ogni tentativo in tal senso svolto dal Consultorio a motivo del comportamento oppositivo della madre, il Tribunale aveva disposto la collocazione dei minori presso una casa famiglia, allo scopo di curare “il riavvicinamento dei minori alla figura paterna, stabilendo il calendario degli incontri dei figli con il padre, nonché con la madre”, limitando eventualmente la frequenza degli incontri figli/madre ove essi fossero risultati pregiudizievoli alla ricostruzione del rapporto dei figli col padre.
Alla luce dei fatti narrati il Tribunale ha definitivamente confermato come l'alienazione genitoriale rilevata sia dal CTU che dal Consultorio fosse stata confermata dal progressivo superamento dell'ostilità dei minori verso il padre, realizzatosi nel corso dei nove mesi di loro permanenza presso la Casa Famiglia, che aveva loro consentito di uscire dalla "gabbia psicologica" costruitagli attorno dalla madre e di riavvicinarsi al padre a seguito della loro avulsione dall'influenza psicologica materna. Difatti – ha rilevato il Tribunale - ove il rifiuto del padre avesse avuto la solida base in una diretta esperienza, da parte dei minori, di comportamenti paterni negativi, i minori non avrebbero rimosso il proprio atteggiamento di rifiuto in un tempo così relativamente breve.
Pertanto, in finale, il Tribunale ha deciso per l’affidamento dei minori al padre, consideratane la sua idoneità genitoriale, in mancanza di alcun concreto indizio conducente a controindicazioni sulla sua persona, escludendo pertanto un prolungamento del soggiorno dei minori presso la casa famiglia, dovendosi tale soluzione considerare come extrema ratio nel cui ambito è ragionevolmente concepibile la collocazione dei minori presso soggetti diversi dai genitori.
L'affidamento è stato disposto in modalità super esclusiva, tenuto conto dell'intento alienante che continua a connotare il comportamento della madre, nei cui confronti si è riconosciuta le necessità di un supporto terapeutico.
Solo a decorrere da ottobre 2020 sarà consentito alla madre di incontrare i figli con la mediazione del Consultorio Familiare del Comune di residenza/domicilio paterno, e secondo le modalità temporali dal medesimo stabilite.
Alla madre è stato altresì imposto di contribuire al mantenimento dei figli, commisurato alla modestia delle sue entrate e al fatto che la stessa debba mantenere anche un altro figlio avuto dal marito. A suo carico anche le spese processuali stante la riconducibilità alla stessa della condizione di alienazione parentale che ha determinato lo svolgimento della causa.