mercoledì, 21 maggio 2025

14 dicembre 2019

Chi è “Stato”?

Autore: Ester Annetta
Venerdì 12 dicembre 1969, Milano, Piazza Fontana.

Il grande salone della Banca Nazionale dell'Agricoltura è pieno di clienti: coltivatori diretti e imprenditori agricoli giunti dalla provincia per il mercato settimanale.
Sono le 16.37 quando improvvisamente un ordigno imbottito con 7 chili di tritolo esplode, uccidendo 17 persone e ferendone altre 87.
Pochi minuti prima un altro ordigno era stato rinvenuto nella sede della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala.
Quasi contemporaneamente, a Roma, un’altra esplosione viene registrata all'interno della Banca Nazionale del Lavoro di via San Basilio ed altre due sull'Altare della Patria di piazza Venezia.

Esattamente cinquant’anni fa, iniziava così, col boato delle bombe, quel periodo della storia del nostro Paese noto come "strategia della tensione" (proseguita, dopo Piazza Fontana, con la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974, la strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 e la più sanguinosa strage di Bologna del 2 agosto 1980), intendendosi con tale espressione una modalità d’azione - come emerso dalle sentenze pronunciate all’esito dei processi che si sono tenuti – tendeva a diffondere nella popolazione uno stato di tensione e di paura, tale da far giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario.

La strage di Piazza Fontana non fu che l’apice di una serie di altri attentati “preparatori” (una sorta di “prova generale”, come li ha definiti Paolo Morando nel suo libro Prima di Piazza Fontana. La prova generale), in particolare quelli compiuti il 25 aprile dello stesso anno, quando una bomba esplose nel padiglione della Fiat alla fiera campionaria di Milano ed altre due alla Stazione centrale.

Per quanto gli obiettivi prescelti per la maggior parte degli attentati di quell’anno fossero sedi dei partiti di sinistra, monumenti partigiani, sinagoghe e, dunque, denunciassero una precisa marca neofascista (come peraltro confermato anche dalla successiva identificazione dei loro autori), le accuse vennero rivolte agli anarchici, nei cui confronti si accese una campagna molto aggressiva, specie a seguito dell’arresto di alcuni militanti per le bombe milanesi del 25 aprile.

L’urgenza, allora, sembrò essere quella di dover necessariamente individuare dei mostri da sbattere in prima pagina piuttosto che rintracciare le corrette matrici di quegli attentati; e vi si doveva arrivare ad ogni costo, contraffacendo verbali d’interrogatorio, estorcendo confessioni con pratiche poco ortodosse, conducendo arresti illegali, manipolando perizie e testimoni.

Ci sono nomi - come quelli dell’allora questore di Milano, Marcello Guida, del commissario Luigi Calabresi e dei brigadieri Vito Panessa e Pietro Mucilli - che di certo non sono passati alla storia per le loro virtù, quanto, piuttosto, per la discutibilità dei loro metodi; e, di contro, ce ne sono altri - come quello dell’anarchico Giuseppe Pinelli - divenuti altrettanto noti per altre peculiarità, tra cui quella a dir poco “curiosa” di aver trovato la morte cadendo misteriosamente dalla finestra della Questura durante un interrogatorio.

Nient’altro che un preludio, tutto questo, ad una vicenda che mai avrebbe visto sul banco degli imputati il principale indiziato - lo Stato - e che anzi sarebbe finita col più farsesco dei processi, in cui tutti sarebbero stati assolti e mai sarebbe stato condannato alcun colpevole.

La strage di piazza Fontana è stato infatti il momento più alto di un ben più complesso progetto eversivo, in relazione al quale - come è scritto nella relazione della Commissione Stragi – sono emersi “accordi collusivi con apparati istituzionali”.

Le lunghe indagini seguite alla strage hanno rivelato che essa fu compiuta da terroristi dell'estrema destra, collegati con apparati statali e sovranazionali che però non sono mai stati perseguiti.

Anche in quel caso era stata inizialmente imboccata la "pista anarchica"; successivamente, però, le indagini si concentrarono su alcuni esponenti del gruppo padovano della organizzazione di estrema destra Ordine Nuovo e coinvolsero esponenti di spicco dei servizi segreti.

Il processo iniziò a Roma il 23 febbraio 1972 e, dopo essere stato trasferito a Milano per incompetenza territoriale, fu spostato a Catanzaro per motivi di ordine pubblico e legittimo sospetto: una decisione che innescò diverse polemiche, instillando il dubbio che lo spostamento fosse stato funzionale a insabbiare tutto, a non far emergere le responsabilità anche degli apparati deviati dello Stato. Una convinzione questa, che Fortunato Zinni, un impiegato della BNA di Piazza Fontana che quel 12 dicembre 1969 rimase illeso (i nomi, a volte, non sono solo distintivi anagrafici!) ha sostenuto nel suo libro “Nessuno è Stato” - con la S maiuscola – dove ha raccolto i suoi ricordi di quel giorno e che diffonde nelle scuole, a testimoniare che ci sono verità che spesso vengono sfiorate ma mai raggiunte.

Il processo passò attraverso tre gradi di giudizio, per concludersi nel 1987 con la conferma in Cassazione della sentenza d’appello che aveva assolto per insufficienza di prove gli imputati della strage, in primis Franco Freda e Giovanni Ventura, capi della cellula eversiva di Ordine Nuovo.

A metà degli anni Novanta, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia - già appartenenti o contigui a gruppi di estrema destra – consentirono l’avvio di un altro giudizio, conclusosi anch’esso (nel 2005), con la conferma da parte della Corte di Cassazione della sentenza di assoluzione per insufficienza o contraddittorietà delle prove che la Corte d'assise d'appello di Milano aveva pronunciato un anno prima a carico di appartenenti al gruppo di Venezia-Mestre di Ordine nuovo.

Tuttavia le sentenze di tutti i tre gradi di giudizio accertarono, stavolta, la riferibilità della strage di piazza Fontana alle strutture venete di Ordine Nuovo ed in particolare la responsabilità di Freda e Ventura, sebbene non più processabili in virtù del principio del ne bis in idem, che vieta di sottoporre a procedimento penale per il medesimo fatto chi sia stato già prosciolto con precedente sentenza divenuta definitiva.

Solo a distanza di decenni, dunque, l’ultima pronuncia della Cassazione del 2005 riconobbe l’esistenza di legami tra movimenti neofascisti come Ordine Nuovo e componenti dei servizi segreti, ma, di fatto, nessun colpevole venne mai condannato, con evidente amarezza anche per i parenti delle vittime della strage che, anzi, si videro addebitate persino le spese processuali.

Nessuno è Stato: non è solo un titolo quanto mai azzeccato, ma anche una significativa affermazione che, a distanza di cinquant’anni, sollecita ancora a riflettere che “qualcuno è stato” a mettere quella bomba e, al tempo stesso, a domandarsi “chi sia Stato”, perché è evidente che uno Stato debba esserci, prima ancora che come istituzione, come insieme di cittadini consapevoli che, unitariamente, si schierino a difesa della democrazia opponendosi a tutto ciò che possa rappresentare una sua minaccia.

Viva l'Italia
L'Italia del 12 dicembre
L'Italia con le bandiere
L'Italia nuda come sempre
L'Italia con gli occhi aperti nella notte triste
Viva l'Italia
L'Italia che resiste
(F. De Gregori)
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