giovedì, 08 maggio 2025

13 giugno 2020

I nuovi Stati Generali

Autore: Ester Annetta
Conte come Luigi XVI: è il parallelo divenuto ricorrente in questi ultimi giorni, precisamente da quando il premier, nel corso della conferenza stampa dello scorso 3 giugno, ha annunciato l’intenzione di voler convocare gli Stati Generali, trasponendo così a quest’era contemporanea uno strumento che in passato ha avuto ben altra funzione.

Il precedente di riferimento è, difatti, un’istituzione datata 1302: fu il re Filippo il Bello che in quell’anno, nella chiesa di Notre-Dame a Parigi, convocò l’assemblea generale rappresentativa dei tre ordini - o Stati, appunto – di cui si componeva la popolazione: clero, nobiltà e borghesia.

Ma i ben più noti Stati Generali sono quelli che, alla vigilia della Rivoluzione francese, esattamente il 5 maggio del 1789, Re Luigi XVI di Francia convocò a Versailles con l’intento di risolvere la grave crisi economica che annose guerre ed eccessi di corte avevano causato.

La proposta allora al vaglio era quella di imporre tasse a clero e nobiltà (il primo ed il secondo stato), riducendo i privilegi di cui godevano, così accogliendo le istanze della borghesia e del popolo (il terzo stato), che, nei famosi cahiers de doléances, lamentavano la gravosità delle imposizioni a loro carico e chiedevano l'abolizione di quei “refusi feudali” rappresentati dalle decime ecclesiastiche e dai privilegi signorili.

L’evidente limite degli Stati Generali era però costituito dalle modalità di voto, che veniva espresso per ordine e non per teste, sicché il terzo stato era perlopiù destinato a soccombere ove clero e nobiltà si fossero alleati.

Ecco, dunque, che in occasione di quella convocazione, proprio il terzo stato chiese che il numero dei propri rappresentanti in assemblea fosse raddoppiato e che il voto si esprimesse per teste. Il Re acconsentì solo alla prima richiesta, mentre sulla seconda la discussione proseguì ancora a lungo, finché i deputati del terzo stato compirono un gesto eclatante, il primo atto rivoluzionario: abbandonarono gli Stati Generali (che da allora non furono mai più convocati) e si proclamarono Assemblea Nazionale.
Era il 17 giugno del 1789.

Dopodiché, si spostarono in un’altra sala della reggia di Versailles, la palestra della Pallacorda, dove si rinchiusero e, appoggiati a quel punto dal clero e da parte della nobiltà, si autoproclamarono Assemblea Nazionale Costituente, prestando il famoso “giuramento della Pallacorda” col quale si impegnavano a non sciogliersi finché non avessero trasformato lo stato assoluto in una monarchia parlamentare e dato alla Francia una Costituzione.

Il resto è ancor più noto: Luigi XVI sconfitto sul piano politico, decise di ricorrere alla forza; ma la borghesia reagì e, con l'aiuto delle classi popolari, il 14 luglio assalì e conquistò la Bastiglia, simbolo del dispotismo del regime assoluto.

Oggi, evidentemente, il significato degli Stati Generali si è modificato; del suo contenuto originario, tòltone ogni risvolto politico, resta l’idea di uno spazio aperto di lavoro, di confronto e di dialogo dove si incontrano soggetti accomunati da un interesse condiviso su una comune tematica.

Nelle intenzioni del nostro premier l’idea è dunque quella di realizzare un incontro aperto a diversi attori, istituzionali e non (sindacati, Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura e Pmi, soggetti economici, rappresentanti politici, organismi internazionali), per “far ripartire l’Italia” dopo l’emergenza coronavirus, progettandone la ripresa.

Riuniti nei saloni di Villa Doria Pamphilj – location per ore non altrettanto nota quanto il salone della Pallacorda – attori non rappresentativi di “ordini”, stavolta (ma di partiti si, inevitabilmente), si confronteranno e dialogheranno da oggi a domenica 21 giugno (anche il mese suggerisce una qualche analogia col precedente storico!), anch’essi rigorosamente a porte chiuse e senza l’intervento di giornalisti (tranne che per la conferenza finale e forse per un altro momento a metà della settimana prossima).

Il trinomio principale di argomenti su cui pare si focalizzerà il piano di Conte relativo all’utilizzo dei fondi che arriveranno dall’Europa - secondo le linee già sviluppate dalla task force di Vittorio Colao - riguarderà: semplificazione e lotta alla burocrazia; rilancio infrastrutture (con focus su Alta Velocità); investimenti; temi cui certo manca la suggestione dell’etichetta rivoluzionaria francese riassunta nel motto Liberté, Égalité, Fraternité, ma non per questo meno importanti o impegnativi.

L’obiettivo principale di questi Stati Generali è quello di giungere all’appuntamento del 18 giugno, quando appunto arriveranno i fondi del Recovery Fund, con delle proposte precise e con un piano adeguato di investimenti.

Il programma, secondo quanto emerso, sarebbe così strutturato:
  • oggi si partirà con gli interventi internazionali, che si terranno in videoconferenza con la presidente della Banca Mondiale, Kristalina Georgieva, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e la presidente della Bce, Christine Lagarde. Subito dopo dovrebbe intervenire il Governatore della Banca d’ Italia, Ignazio Visco.
  • Lunedì sarà la volta di Colao e, a seguire, delle parti sociali; martedì toccherebbe a Confindustria e alle altre associazioni di imprese.
  • Previsto poi un dibattito tra due economisti francesi, Olivier Jean Blanchard ed Esther Duflo (vincitrice del premio Nobel per l’economia lo scorso anno), moderato dalla professoressa di Harvard Raffaella Sadun.
  • Tra i partecipanti dovrebbero esserci gli amministratori delegati o i presidenti delle principali realtà industriali o finanziarie italiane, delle Società partecipate più grandi (Eni, Enel, Leonardo e Fincantieri), noti imprenditori, economisti e architetti italiani (Oscar Farinetti, Renzo Piano, Massimiliano Fuksas).
  • Non sarà presente l’ex governatore della Banca d’Italia e presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, per una scelta di riservatezza istituzionale.
  • Conte terrà infine la conferenza stampa al termine dei lavori.

Qualche nostro esponente politico mancherà, avendo rilevato che quella degli Stati Generali non sarebbe una sede istituzionale e dunque sarebbe inadatta ad un confronto di grande portata qual è: il commento – è bene precisarlo – non è riferito al contesto “Stati Generali” in sè, ma proprio a Villa Pamphilj come location.

Curioso che in una palestra della Pallacorda si sia pensato, invece, di poter far nascere addirittura una Costituzione!
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13/06/2020
Marco ULISSE

Bellissimo articolo