domenica, 06 luglio 2025

12 ottobre 2019

Il cacciatore di plastica

Autore: Ester Annetta
Ama il mare da sempre, Boyan, quell’infinita distesa liquida che immagina come una sua seconda casa, ricca di tesori, di colori e di vita.
Ed è ancora un ragazzino quando, durante un’immersione in Grecia, si accorge che quel meraviglioso mondo subacqueo è in pericolo, infestato com’è dalla plastica: tanta plastica, in quantità addirittura maggiore dei pesci, forse.
Matura già da allora l’idea che quell’elemento – così essenziale per l’esistenza del pianeta – debba essere salvato, liberato da quel dannoso ospite. E così, lui che di invenzioni ne aveva già realizzate tante, dilettandosi a studiare e creare mentre i suoi coetanei erano intenti a giocare, lancia a se stesso la più audace delle sfide: ripulire l’oceano.

Una parentesi si rende a questo punto necessaria per contestualizzare correttamente spazio e tempo di questa storia: nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, esattamente tra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord, esiste un'enorme isola, molto particolare. Non è, difatti, di terra ferma, né ci sono piante strane o curiose specie animali; fluttua, invece, tra le onde, perché altro non è che un immenso accumulo di spazzatura galleggiante, il più grande al mondo!

È composta prevalentemente da plastica, metalli leggeri e residui organici in degradazione e si sposta seguendo la corrente oceanica del vortice subtropicale del Nord Pacifico. La chiamano “Great Pacific Garbage Patch” o, più efficacemente, “Pacific Trash Vortex” (Vortice di rifiuti del Pacifico) e ha dimensioni immense: si stima che si estenda da un minimo di 700.000 chilometri quadrati (all’incirca la grandezza della Penisola Iberica) fino a più di 10 milioni (equivalente all’estensione di tutti gli Stati Uniti), per un totale di circa 3 milioni di tonnellate di rifiuti accumulati.

Ma non è l’unica. Ce ne sono di simili, più o meno estese, disseminate per altri mari:
  • la South Pacific Garbage Patch, grande 8 volte l'Italia e più estesa del Messico, è stata scoperta recentemente al largo del Cile. Ha una superficie che si aggira intorno ai 2,6 milioni di chilometri quadrati e contiene prevalentemente microframmenti di materie plastiche erose dagli agenti atmosferici;
  • la North Atlantic Garbage Patch, scoperta per la prima volta nel 1972, è la seconda più grande per estensione (circa 4 milioni di km²). La densità di rifiuti che contiene è spaventosa: oltre 200mila detriti per chilometro quadrato;
  • la South Atlantic Garbage Patch è la meno estesa tra le isole di plastica: occupa oltre 1 milione di chilometri quadrati tra l'America del Sud e l'Africa meridionale e viene mossa dalla corrente oceanica sud atlantica;
  • l’Indian Ocean Garbage Patch è stata scoperta nel 2010 sebbene già nel 1988 l'agenzia statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) ne avesse ipotizzato l’esistenza. Si estende per più di 2 chilometri, con una densità di 10mila detriti a chilometro quadrato;
  • l’Arctic Garbage Patch è la più giovane e piccola delle isole di plastica, scoperta di recente nel Mar di Barents, in prossimità del circolo polare artico. La sua formazione è dipesa dalla deriva delle materie plastiche scartate in Europa e nella costa orientale del Nord America e trasportate dalle correnti oceaniche fino al nord della Norvegia, dove si sono accumulate.

Orbene, tornato dalla Grecia, Boyan inizia a pensare seriamente ad una soluzione per pulire i mari, immaginando che a tal fine possano essere sfruttate le stesse correnti degli oceani.
Un grosso problema è però costituito dalle dimensioni delle particelle di plastica presenti in acqua, che possono arrivare ad essere minuscole come il plankton.
Per studiarle, Boyan torna in Grecia con un sottilissimo Mantra Trawl (un sistema a rete per campionare la superficie dell'oceano che assomiglia ad una manta, con ali di metallo e una bocca larga), rilevando, con suo sommo sconcerto, che la presenza di particelle di plastica di piccole dimensioni in mare è, all’incirca, 40 volte superiore alla plastica di grosse dimensioni.

Ma a che profondità arrivano quei rifiuti? È l’altro interrogativo che Boyan deve sciogliere.
Si attrezza, così, con un altro trawl, stavolta “multilivello”, fatto, cioè a 10 piani, per filtrare l’acqua più in profondità. Ma la corrente lo distrugge.
Boyan però non si arrende: consulta scienziati, professori ed esperti dalle Università di Delft, Utrecht e Hawaii e studia un sistema di barriere galleggianti (booms) attaccate al fondale marino che, sfruttando le correnti, sono in grado di filtrare i rifiuti e raccoglierli in una piattaforma.
È il 2012 quando Boyan presenta la sua rivoluzionaria idea al mondo durante un TEDx Talk a Delft: Boyan Slat, olandese, studente di ingegneria aerospaziale, ha solo 18 anni!

La determinazione di un ragazzo così giovane e già così consapevole della necessità che l’uomo trovi un rimedio allo scempio che continua a perpetrarsi ai danni dell’ecosistema marino sono – insieme alla persuasività del suo progetto – una carta vincente.
Sei mesi dopo la sua prima presentazione, Boyan abbandona l’Università e fonda la sua azienda, la Ocean Cleanup, con 300 euro di capitale iniziale. Il video del suo TED Talk è intanto diventato virale tanto che gli consente, grazie ad una iniziativa di crowdfunding, di raccogliere 90.000 dollari tra coloro che gli danno fiducia, così da poter far decollare il suo progetto.

Da quel momento in poi il cammino di Boyan è costellato di successi e riconoscimenti: arrivano altri fondi (circa 2 milioni di dollari grazie alla raccolta estesasi a circa 160 paesi) e prestigiosi premi e menzioni. Ma il ragazzo non si culla sugli allori: non è la fama ciò che insegue ma il desiderio sempre più forte di dare concretezza al suo disegno.

Continua a studiare ed a perfezionare i suoi piani finché, dopo quattro anni ininterrotti di studi e verifiche, il 22 giugno 2016, Ocean Cleanup colloca la sua prima barriera lunga 100 metri a circa 23 km al largo delle coste olandesi. Si tratta di un prototipo che, grazie ai dati raccolti durante il test nel Mar del Nord, consente agli ingegneri che collaborano al progetto di capire che i galleggianti gonfiabili originariamente impiegati per la raccolta delle plastiche debbano essere sostituiti con i tubi rigidi in polietilene ad alta densità (HDPE).

Un anno dopo, Boyan annuncia così che la sua “macchina” è stata migliorata ed è pronta per essere impiegata operativamente sulla Great Pacific Garbage Patch entro l’anno successivo.
Il suo strumento è, in sostanza, un tubo curvo e galleggiante lungo 600 metri, a cui è agganciato uno “schermo” di poliestere profondo 3 metri che viene lasciato al largo da una nave e controllato poi via Gps. Sfruttando le correnti, il sistema crea una zona calma dove si accumula la plastica che ogni mese può quindi essere recuperata con delle barche per essere riciclata.
Se quel congegno funzionerà, altre centinaia di esemplari potranno essere sparse nelle altre isole di plastica degli oceani: l’obiettivo è quello di recuperarne il 90% entro il 2040.

L’8 settembre 2018 il “System 001” (detto anche “Wilson”, come il pallone amico di Tom Hanks, naufrago del film Cast Away), la “macchina” ormai definitivamente realizzata, raggiunge la Great Pacific Garbage Patch, rimanendovi per circa 4 mesi.
L’esperimento non ha, però, pieno successo: il braccio che raccoglie la plastica non è in grado di trattenerla perché si muove troppo lentamente rispetto alle correnti oceaniche e i risultati di ripulitura sono scarsi.
Ma Boyan persevera, imperterrito: “Ci saranno sempre persone che diranno che le cose non si possono fare” – dichiara – “La storia dimostra che, volta dopo volta, cose che ‘non potevano essere fatte’ sono state fatte”.
Perciò lavora ancora, apporta migliorie, come un cordone di sughero più alto per trattenere la plastica.
La macchina torna così in acqua nel giugno del 2019.
E, finalmente, dopo quattro mesi, arriva quella notizia che Boyan non ha mai smesso di attendere, senza mai mollare, continuando a crederci con tutte le sue forze: la macchina cattura rifiuti funziona davvero!

Boyan ha vinto.
Con la passione, l’entusiasmo e la tenacia della sua età ha dimostrato che ai giovani sta a cuore il futuro della Terra che erediteranno; che sono determinati a riscattare la memoria dei loro padri, quelli che hanno infestato il Pianeta; che i rimedi per sanare i mali di un mondo malato sono ancora possibili; che la determinazione è la formula vincente contro l’incuria ed il disfattismo.

Grazie a Boyan, a Greta e ai tanti altri giovani che fanno eco al loro “grido di rivolta”, storie come questa potranno essere ancora raccontate, rivelando il prima e il dopo, la sana morale di un mondo guarito grazie all’impegno ed al coinvolgimento di tutti.

Il bello sarà poter cambiare l’incipit di quelle storie, sostituendolo – come in una bella favola – con un “C’era una volta, ma per fortuna adesso non c’è più”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

Non ci sono risultati.

Suggerimenti:
– verificate di aver digitato correttamente le parole nel campo di ricerca testuale;
– aggiungete parole più specifiche o sinonimi nel campo di ricerca testuale;
– provate a ridurre i parametri di ricerca.

Per inserire i vostri commenti dovete registrarvi.