lunedì, 30 giugno 2025

18 luglio 2020

Ipse dixit

Autore: Ester Annetta
Da anni la nostra bella e fiera lingua subisce le forzature (se non addirittura le aggressioni) delle mode, dei presunti dettami della modernità, dell’imitazione, finendo per cedere a neologismi, a regole di parità di genere e, soprattutto, ad anglicismi.

Termini di nuovo conio, parole prese in prestito da altri idiomi, trasformazioni al femminile di nomi tradizionalmente ambigeneri (tali voluti da quella matrice latina del nostro lessico che, saggiamente, contemplava nella sua grammatica un genere “neutro” accanto a quelli maschile e femminile) hanno la pretesa di adeguare la nostra lingua ad un progresso che spesso esige conversioni estreme o stonate (laddove non siano addirittura vere e proprie storpiature!) in nome di necessità ideologiche prima ancora che puramente linguistiche.

Su tutti vale l’esempio della mozione – intesa nel suo significato linguistico di “cambio di genere di un sostantivo in rapporto al sesso del referente mediante la modifica di suffissi o desinenze” - cui si assiste sempre più di frequente per non soccombere al rischio di restare impigliati in un “sessismo linguistico” che, di questi tempi, risulta temibile al pari di ben più gravi forme di discriminazione. E, così, finisce che si debba cedere all’uso di espressioni quali “sindaca”, ”ministra”, ecc., che, a dirla tutta, spesso sembrano più avere una valenza ironica che realmente distintiva.

Ma questo è, visto che perfino i linguisti dell’Accademia della Crusca hanno finito per dover rivedere questa “tradizione androcentrica” su sollecitazioni arrivate da diversi settori della società, dall’accademia stessa e dalle istituzioni di molti paesi europei, tanto che già nel 2013 hanno collaborato con il Comune di Firenze al progetto “Genere&linguaggio” e alla pubblicazione delle prime “Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo”.

Per fortuna, però, c’è sempre un limite oltre il quale l’eccesso va bandito.
E c’è stato un recentissimo caso in cui è stata proprio la stessa Crusca a rimarcarlo.

Con un articolo apparso sul sito dell’Accademia lo scorso 14 luglio - e che i quotidiani hanno prontamente ribattezzato come “sentenza”, proprio a volerne sottolineare l’autorità - il linguista Vittorio Coletti, rispondendo al quesito dei lettori posto riguardo all’opportunità di usare - come i media fanno ormai da tempo - il termine “governatore” riferito ai presidenti delle regioni, ha lapidariamente affermato che “Le Regioni italiane non hanno governatori ma presidenti”.

Si tratta dell’ennesima moda, anzi - come l’ha definita lo stesso Coletti – dell’ennesimo “frutto dell’americomania dei nostri media” che tendono a mutuare nel nostro linguaggio espressioni appartenenti ad altri contesti politico-istituzionali.

Come già la stessa Crusca aveva chiarito a proposito dell’uso del termine premier, che è un termine inglese e non è previsto, né nel nome né nei poteri e ruoli, dalla nostra costituzione, allo stesso modo – scrive Coletti – “i governatori non hanno posto nel nostro ordinamento. In Italia, l’unico a potersi fregiare di questo titolo è appunto il governatore della Banca d’Italia”.

Per conferma, il linguista rimanda addirittura ad una fonte di “minore” autorevolezza, benché ormai ampiamente diffusa ed accreditata, qual è Wikipedia, osservando come anche lì sia verificabile che, in campo politico-istituzionale, il titolo di governatore designa quasi sempre il capo di governo di uno stato inserito in una federazione, come negli USA.

Tuttavia - precisa ancora Coletti - non si tratta di un anglismo, e spiega: “Se non vogliamo retrocedere sino a ricordare il celebre e infelice “governatore della Giudea”, Ponzio Pilato, delle antiche traduzioni della Bibbia, potremmo anche fermarci ai governatori dei territori africani ai tempi dell’Impero fascista, tanto per citare un precedente non proprio onorevole di questo titolo. Abusivamente i giornali lo hanno attribuito ai presidenti delle nostre regioni, che in effetti tendono sempre più a fare da governatori, ma non lo sono, anche perché non è uno stato confederato con altri quello di cui presiedono il governo”.

Dunque “governatore” è parola antica, pienamente italiana. Ma non è corretto utilizzarla per designare i presidenti delle regioni in Italia. E qui giunge la staffilata dello stesso autore: “E’ vero che l’uso e l’abuso della parola in parte rispecchiano una realtà politica e istituzionale in evoluzione (dei presidenti di regione verso il ruolo e i poteri del governatore americano, delle regioni verso una specie di stato) e il desiderio o l’ambizione non nascosti dei capi delle giunte regionali, specie dopo che il sistema elettorale li ha fortemente messi in rilievo. Usando allora governatore, i giornali e la gente avallano un (modesto) abuso istituzionale e favoriscono un evidente progetto politico”.

E, quasi facesse il verso a Michele Apicella di Palombella Rossa quando afferma accorato: “Le parole sono importanti!”, Coletti così sentenzia, con ironia e arguzia: “Chi non approva l’uno e non condivide l’altro, farebbe bene a starci attento a usare la parola, anche se temo che ormai sia tardi per far retrocedere certi presidenti di regione dal rango superiore dei governatori a quello di semplici presidenti. Ancora più difficile indurre i media alla precisione invece che allo stereotipo. L’archivio della “Repubblica” dal 1984 a oggi registra più di 110 mila attestazioni di governatore. Orbene, fino al 2000 erano solo 10 mila, più di 3 mila dei quali erano quelli, autentici, della Banca d’Italia e (circa 300) degli stati americani. Quindi meno di 7 mila. Ma i 7 mila governatori abusivi in 16 anni sono diventati circa 94 mila in 20: a tanto ammonta il loro numero sottraendo gli oltre 5 mila legittimi, riferiti alla massima autorità della nostra Banca centrale o a quella della BCE e (circa 600) e a capi di governo degli stati confederati in USA: una crescita, direbbero subito i giornali, davvero “esponenziale”!”

Chissà se, in conclusione di questa vicenda linguistica, il caustico “governatore” De Luca dirà la sua.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

Non ci sono risultati.

Suggerimenti:
– verificate di aver digitato correttamente le parole nel campo di ricerca testuale;
– aggiungete parole più specifiche o sinonimi nel campo di ricerca testuale;
– provate a ridurre i parametri di ricerca.

Per inserire i vostri commenti dovete registrarvi.