Potrebbe sembrare il titolo di una fiaba e, invece – lasciando da parte qualunque giudizio morale di matrice prettamente cattolica – è la storia incredibile e straordinaria di una bimba tecnicamente appartenente al secolo scorso ma venuta al mondo in quello corrente.
Molly Everette Gibson è nata nel Tennesee lo scorso ottobre; ma, in realtà, era già stata concepita, in vitro, 28 anni fa, e per tutto quel tempo è rimasta congelata, allo stadio embrionale, fino a quando una giovane coppia l’ha scelta, per diventare la sua mamma e il suo papà, portandola via dal suo mondo di ghiaccio e restituirla alla luce ed al calore. Quello umano, soprattutto.
È affascinante immaginare un balzo temporale così lungo, che colloca nell’era degli smartphone, delle auto elettriche, dell’acqua su Marte, degli Youtuber e anche della Didattica a distanza una bambina che avrebbe dovuto invece nascere e crescere in un mondo non ancora iperconnesso, che, anzi, vedeva proprio allora la nascita e la diffusione del World Wide Web, che assisteva alla liberazione di Nelson Mandela e alla fine dell’apartheid in Sud Africa, che vedeva Fidel Castro ricevere un Papa che condannava l'embargo americano e chiedeva maggior rispetto per i diritti umani, che attendeva con curiosità e con un pizzico di timore il Millennium Bug.
Avrebbe persino potuto essere un’amica di sua madre, visto che di fatto le separa solo un anno e mezzo d’età: Tina, la sua mamma, che ora ha 29 anni, è nata nell'aprile 1991, mentre l’embrione da cui è nata Molly era stato congelato nell’ottobre del 1992.
Molly è persino più vecchia di sua sorella Emma, nonostante sia nata dopo e fossero, anzi, gemelle: Emma è nata, nel 2018, anche lei da un embrione proveniente dalla stessa coppia di donatori e congelato sempre nel 1992.
Quello che i genitori di Molly hanno definito “il nostro piccolo miracolo” è avvenuto presso il National Embryo Donation Centre (NEDC) di Knoxville (Tennesee), una onlus cristiana che conserva gli embrioni donati da coppie che hanno effettuato la fertilizzazione in vitro ma poi hanno rinunciato a proseguire, decidendo di lasciare quelli che vengono poi comunemente chiamati «snowbabies» a coppie con problemi di sterilità. Ed è servito a dimostrare che è possibile ottenere gravidanze con un buon esito anche da embrioni molto vecchi, a riprova che – se conservati correttamente (nel serbatoio di stoccaggio dell'azoto liquido, a meno 396 gradi) – la loro durata può essere indefinita.
Benché si tratti di pratiche ampiamente diffuse, sembra ancora quasi fantascienza immaginare che esistano vite umane, potenzialmente in attesa di nascere, che persistono in sospensioni ghiacciate, figli di nessuno in attesa di essere scelti da chi darà loro una famiglia, bambini che non sono né orfani né abbandonati.
Certo, il dilemma di una scelta che si colloca su una sottile linea di separazione tra etica e diritto alla vita è più che mai complesso in questa materia, che non a caso tuttora non trova linee concordanti, a livello normativo, nei vari paesi ed è tenacemente avversata dal mondo cattolico.
In Italia la procreazione assistita è disciplinata dalla L. n. 40 del 19 febbraio 2004 e, nel corso degli anni, ha subito numerose rivisitazioni – grazie soprattutto a sentenze della Corte Costituzionale - che ne hanno allentato l’originaria rigidità, sebbene continui a rimanere al centro di articolati dibattiti. L’impianto originario della norma, con le sue forti limitazioni, aveva indotto quel fenomeno noto come "turismo procreativo" con cui si indicava la scelta di coppie che, per superarle, si rivolgevano ad ospedali e strutture sanitarie straniere ubicate in Paesi con legislazioni meno restrittive.
Nel 2004 fu depositata in Cassazione una proposta di referendum abrogativo della legge, munita delle necessarie firme; ma quando si trattò di andare al voto, nel 2005, votò solo il 25,9% degli aventi diritto, perciò non fu raggiunto il quorum necessario.
È stato solo nel 2009, con la sentenza n. 151 del 1º aprile 2009 che è stata dichiarata l’illegittimità del comma 2 dell'articolo 14, nella parte in cui prevedeva un limite di produzione di embrioni "comunque non superiore a tre" e l'obbligo di "un unico e contemporaneo impianto"; nonché del comma 3 dello stesso articolo che, nella parte in cui consentiva la crioconservazione degli embrioni "qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione", non prevedeva che il trasferimento di tali embrioni, "da realizzare non appena possibile", dovesse essere effettuato anche senza pregiudizio per la salute della donna.
Altre tre sentenze hanno poi eliminato il divieto di diagnosi pre-impianto per le sole coppie infertili, il divieto di fecondazione eterologa e di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche.
Restano invece tuttora in vigore i divieti di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica, di revoca del consenso, di accesso alla fecondazione assistita per single e coppie dello stesso sesso.
Quanto agli aspetti canonici – intesi nel senso ecclesiastico del termine – la questione della fecondazione assistita è stata originariamente affrontata nel 1987 con l’Istruzione Donum Vitae (22 febbraio 1987) della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha chiarito la posizione dei cristiani.
Ponendosi anzitutto la distinzione tra fecondazione omologa (che si ha quando il seme e l’ovulo utilizzati nella fecondazione assistita appartengono alla coppia di genitori del nascituro), fecondazione eterologa (che si ha quando il seme oppure l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia), e FIVET (o fecondazione in vitro, che non rientra nell’inseminazione ma nella fecondazione artificiale extracorporea), la Chiesa ha ritenuto moralmente illecite tutte tali pratiche in quanto si configurano come sostituzione dell’atto coniugale che deve essere il solo a dare origine ad un concepimento.
L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto - e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa - tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo e della donna.”
Su tali basi si negano, dunque:
- la contraccezione, “che priva intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio”;
- la fecondazione artificiale omologa, “che perseguendo una procreazione che non è frutto dì un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio;
- la fecondazione artificiale eterologa, che “è contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio. Il rispetto dell'unità del matrimonio e della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro”.
- l'inseminazione artificiale omologa, che “all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale”.
Tuttavia, la successiva Istruzione “Dignitas personae” pubblicata nel 2008 ha segnato un’apertura rispetto alla “Donum Vitae”, ammettendo quelle tecniche che «si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità», nelle quali cioè «l’intervento medico è rispettoso della dignità delle persone», in quanto «mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto», accettando con ciò, di fatto, l’inseminazione artificiale omologa, che viene intesa come una sorta di un “atto di collaborazione con la natura” e dunque uno strumento lecito che mira “a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale”.
Quando Molly e sua sorella saranno abbastanza grandi, saranno forse in grado di comprendere quanto siano state fortunate ad essere venute al mondo nonostante per molti la loro esistenza sia il frutto di un atto illecito e immorale e quanto, in finale, la vita sia - al di sopra di ogni giudizio etico – un dono prezioso, qualunque ne sia lo strumento.
Tutto l'articolo va bene, perché riporta correttamente le posizioni della chiesa.
La conclusione è immorale perché esprime un giudizio senza esplicitare l'ideologia da cui proviene.
Ognuno è libero di scegliere se aderire oppure no alla morale della chiesa, ma si esprimono dei giudizi contrari, anche questi sono sempre etici ed è opportuno che si dichiari in base a quali principi o legge superiore sono espressi.