venerdì, 23 maggio 2025

7 marzo 2020

Le “conseguenze contrattuali” del coronavirus

Autore: Ester Annetta
Corona virus
Alberghi, treni, aerei: chi nei mesi scorsi aveva prenotato e pagato vacanze e viaggi, nelle ultime settimane, a causa del dilagare del contagio da Covid19, ha ritenuto più prudente rinunciarvi, ove non sia stata addirittura la stessa compagnia ad annullare le prenotazioni ricevute ed i viaggi già previsti.

Invero, molte compagnie di volo e ferroviarie hanno provveduto a fornire adeguate istruzioni a riguardo, pubblicando informazioni inerenti le modalità attraverso cui si può posticipare il viaggio oppure ottenere il rimborso totale delle relative spese mediante emissione di un bonus elettronico di pari importo, che potrà essere utilizzato entro un anno per l’acquisto di un nuovo biglietto di una qualunque tratta.

È tuttavia opportuno chiarire che siffatto modo di procedere non è semplicemente una “gentile concessione”, ma una ben precisa conseguenza di una previsione normativa.

In tema di contratti, dispone infatti l’art. 1463 c.c. – rubricato “Impossibilità totale” - che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito”.

Tale norma ripropone in ambito contrattuale ciò che l’art. 1256 comma 1 c.c. prevede con riguardo alle obbligazioni: “L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”, che, letta in combinato disposto con l’art. 1218 c.c. (responsabilità del debitore per inadempimento), chiarisce che l'impossibilità della prestazione che non sia imputabile al debitore esclude l’obbligo del risarcimento del danno a suo carico.

In ambito contrattuale, tuttavia, la ratio legis della norma trova fondamento in un ulteriore elemento: il venir meno della causa, che, nei contratti sinallagmatici (o a obbligazioni corrispettive) si fonda proprio sul nesso di reciprocità tra le due prestazioni: ciascuna delle parti del rapporto contrattuale assume l'obbligazione di eseguire una prestazione (di dare o di fare) in favore dell’altra che, a sua volta, assume l'obbligazione di eseguire una prestazione in suo favore.

Ne consegue che ciascuna prestazione trova giustificazione nella prestazione della controparte e, dunque, se una di esse viene meno, viene conseguentemente meno anche la causa che giustifica la controprestazione.

L’effetto sarà, pertanto, quello della risoluzione del rapporto contrattuale, trattandosi di un’ipotesi di mancanza sopravvenuta della causa; ove, infatti, il difetto di causa fosse originario, la conseguenza, ai sensi dell’art. 1418 c.c., sarebbe la nullità del contratto.

Ciò chiarito, è evidente che, qualora siano stati acquistati biglietti aerei o ferroviari e viaggi (anche d’istruzione), ai quali si sia stati costretti a rinunciare a causa del rischio di contagio da coronavirus, si configuri un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta – non ascrivibile alla condotta delle parti - che giustifica la richiesta di restituzione delle somme corrisposte.
Trova perciò pacifica applicazione l’art. 1463 c.c. e, dunque, si determina la risoluzione del contratto.

È, inoltre, utile precisare che la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile la prestazione del debitore (che nei casi qui considerati sarebbe il vettore aereo o ferroviario o la struttura alberghiera) ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte (l’acquirente del viaggio). Il presupposto resta, anche in tal caso, sempre e comunque la non imputabilità dell’impossibilità della prestazione al debitore, in aggiunta alla circostanza che, per l’acquirente del viaggio (creditore), l’interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità dello scopo concreto del contratto.

In proposito soccorre, infatti, il secondo comma dell’art. 1256 c.c. che, in tema di obbligazioni, prevede – ove l’impossibilità della prestazione sia temporanea e non assoluta – che “l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.

Da sottolineare, anche, che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione deve essere sempre necessariamente ricollegabile al fatto del terzo. Argomentando a contrario, ciò implica che, purché dell’impossibilità non sia imputabile il debitore, ogni qualunque altra causa sopravvenuta che renda impossibile la prestazione (ergo anche una pandemia) rende applicabili le norme in esame e, pertanto, in ambito di contratti a prestazioni corrispettive, comporta la risoluzione.

Un’ultima notazione va fatta con riguardo all’acquisto/vendita di pacchetti turistici, in relazione ai quali soccorre la norma specifica di cui all’art. 41 del Codice del Turismo (pubblicato in allegato al D. Lgs. 23 maggio 2011 n. 179, successivamente modificato con D. Lgs. 21 maggio 2018, n. 62 che ha recepito la Direttiva (UE) 2302/2015) - rubricato “Diritto di recesso prima dell’inizio del pacchetto” - che disciplina, anzitutto, il caso in cui il viaggiatore non voglia più usufruire del pacchetto acquistato, indipendentemente dai motivi di questa sua decisione: i tal caso, poiché la rinuncia al viaggio dipende esclusivamente da un fatto imputabile al viaggiatore, sono generalmente previste le cosiddette “penali per il recesso”, la cui misura varia in base al momento in cui tale recesso viene comunicato all’organizzatore.

Tuttavia lo stesso articolo disciplina anche il caso in cui il viaggiatore si veda costretto ad annullare il proprio viaggio e a rinunciare al pacchetto turistico a causa di “circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un'incidenza sostanziale sull'esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione”. In tali evenienze “il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell'inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare”.

La Direttiva UE 2302/2015 sopracitata ha identificato queste circostanze inevitabili e straordinarie nel caso in cui si verifichino, nel luogo di destinazione:
  • conflitti armati,
  • problemi di sicurezza quali terrorismo,
  • rischi significativi per la salute umana, quali il focolaio di una grave malattia,
  • calamità naturali, come inondazioni terremoti o condizioni metereologiche che impediscono di viaggiare in modo sicuro verso la destinazione.

Sempre lo stesso articolo prevede, infine, l’ipotesi in cui sia l’organizzatore a recedere dal contratto di pacchetto turistico: esso dovrà offrire al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non sarà tenuto a versare un indennizzo supplementare qualora:
  • a) il numero di persone iscritte al pacchetto è inferiore al minimo previsto dal contratto e l'organizzatore comunica il recesso dal contratto al viaggiatore entro il termine fissato nel contratto e in ogni caso non più tardi di venti giorni prima dell'inizio del pacchetto in caso di viaggi che durano più di sei giorni, di sette giorni prima dell'inizio del pacchetto in caso di viaggi che durano tra due e sei giorni, di quarantotto ore prima dell'inizio del pacchetto nel caso di viaggi che durano meno di due giorni;
  • b) l'organizzatore non è in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie e comunica il recesso dal medesimo al viaggiatore senza ingiustificato ritardo prima dell'inizio del pacchetto.
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