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venerdì, 19 dicembre 2025
Giunge a distanza quasi di un anno la pronuncia della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale che il Tribunale di Lucca - con ordinanza del 14 gennaio 2022, pronunciata nel corso di un giudizio di rettificazione di attribuzione di sesso - aveva avanzato, tra l’altro, in relazione ad alcune nome contenute nella Legge Cirinnà sulle unioni civili (a legge 20 maggio 2016, n. 76).
Nella narrazione del predetto Tribunale, l’attore aveva dichiarato di manifestare da diverso tempo una disforia di genere di tipo MtF (Male to Female), cioè una condizione di transessualismo che lo aveva identificato irrevocabilmente nel genere femminile – come riportato nella relazione psicologica conclusiva eseguita da un consultorio transgenere -, con conseguente necessità di procedersi all’adeguamento dell’identità fisica a quella psichica. Avendo peraltro egli contratto unione civile con il proprio partner nel 2019, aveva dichiarato altresì di aver interesse – insieme al partner stesso - alla conservazione del vincolo familiare attraverso l’automatica conversione in matrimonio per effetto della rettificazione anagrafica del sesso. Aveva perciò chiesto:
La Corte Costituzionale, compiendo un’attenta disamina, si è pronunciata con sentenza n. 269/2022 del 10 novembre 2022, depositata il 27 dicembre 2022, dichiarando inammissibile la questione di legittimità sollevata.
La Consulta ha anzitutto rilevato che il Tribunale di Lucca non avrebbe effettuato alcuna indagine sulla sussistenza delle condizioni richieste perché l’attore potesse essere autorizzato ad acquisire una nuova identità di genere, limitandosi ad affermare che un tale accertamento sarebbe stato possibile “in astratto”, là dove, invece, avrebbe dovuto fare applicazione della norma elevata a sospetto “in concreto” e, quindi, all’esito della accertata nuova identità dell’attore medesimo. La domanda di rettificazione era, infatti imprescindibile antecedente logico e giuridico rispetto all’applicazione della norma indubbiata, fermo il rapporto di pregiudizialità necessaria esistente tra giudizio principale e giudizio costituzionale.
Le questioni sollevate dal Tribunale di Lucca perciò difetterebbero di rilevanza per mancanza di attualità e concretezza: se i requisiti dell’attualità e della rilevanza di una questione di legittimità costituzionale devono essere valutati allo stato degli atti e dell’iter decisionale, essi non possono ritenersi integrati sulla base di un’eventuale e teorica applicabilità della norma indubbiata come invece ha fatto il Tribunale.
In secondo luogo, la Consulta ha rilevato un ulteriore motivo di inammissibilità per difetto di rilevanza delle questioni laddove il Tribunale ha contestato la mancata notifica della citazione introduttiva del giudizio di rettifica di sesso al partner dell’attore ai fini della sua manifestazione di volontà di convertire l’unione civile in matrimonio. A riguardo ha precisato che la disciplina vigente non avrebbe impedito che la notifica della pendenza del giudizio venisse comunque effettuata all’altro contraente o che questi intervenisse volontariamente nel processo al fine di manifestare la volontà del mantenimento del vincolo in diversa forma e senza soluzione di continuità. E, posta tale premessa, la Corte ha comunque sottolineato che vale ancora una volta il rilievo della necessità che le questioni sollevate siano concrete ed attuali affinché possano essere sottoposte alla verifica di legittimità costituzionale, il che, nella specie, equivale a dire che presupposto imprescindibile sarebbe stato l’esistenza di una dichiarazione congiunta dei contraenti dell’unione civile di convertire la stessa in matrimonio.
Alla luce di tali motivazioni parrebbe, dunque, non potersi escludere che, ove si muova da premesse concrete e attuali, la questione di legittimità costituzionale riguardo al contrasto tra gli artt. 26 e 27 della Legge Cirinnà possa nuovamente essere riproposta.
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