19 dicembre 2018

Concordato in continuità: chiarimenti per le note di variazione

Autore: Redazione Fiscal Focus
Per le note di variazione IVA nel concordato preventivo con continuità aziendale restano confermati i chiarimenti finora resi nei documenti di prassi precedenti. È quanto ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 113/2018 emanata ieri con riferimento ad un’istanza di interpello riguardante il caso di una società che, ha presentato una proposta di concordato in continuità ai sensi dell'articolo 186-bis della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942) omologato dal Tribunale, per effetto del quale i creditori rimasti insoddisfatti emetteranno note di variazione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633/1972, per recuperare l’IVA relativa alla parte di credito “falcidiata”. A tal proposito, dunque, la società ha chiesto all’Amministrazione finanziaria di conoscere quale sia il dies a quo a partire dal quale i creditori ammessi alla descritta procedura concorsuale sono legittimati ad emettere le note di variazione IVA. Inoltre è stato chiesto se la società sia obbligata a registrare le predette note di variazione nel caso in cui le stesse risultino emesse decorso il termine previsto dal combinato disposto dell'articolo 26, comma 2 e dell'articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 e se ricada su di essa l'obbligo di versare l'IVA esposta nelle stesse note di variazione, emesse e ricevute entro e oltre il termine sopra menzionato.

Il parere - Evidenziando che la normativa nazionale (articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1973), qualifica le procedure concorsuali come causa del “mancato pagamento in tutto o in parte del prezzo convenuto”, cui consegue il diritto del debitore al mantenimento della detrazione dell’IVA conseguente all’operazione originaria, con riferimento al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate, evidenzia in primo luogo che, nel concordato preventivo (compreso quello in continuità), i creditori chirografari sono legittimati ad emettere nota di variazione in diminuzione dal momento in cui viene portato a compimento il piano di riparto (poiché è da tale momento che è verificato il requisito della infruttuosità) fermo restando il diritto ad esercitare la detrazione entro il termine previsto dall’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (Risoluzione n. 89/E/2002). Fatta tale premessa, l’Amministrazione precisa che, laddove il dies a quo per l’emissione delle note di variazione sia antecedente il 1° gennaio 2017, il diritto alla detrazione può essere esercitato “con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto” (art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 prima delle modifiche apportate dall’art. 2 comma 1 D.L. n. 50/2017 – si veda anche la Risoluzione n. 89/E/2002). A decorrere, invece, dal 1° gennaio 2017, la detrazione può essere esercitata al più tardi “con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto” (art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 come modificato dall’art. 2 comma 1 D.L. n. 50/2017 con decorrenza dalle fatture e bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017).

Se la nota di variazione è emessa decorsi i citati termini, l’emittente non è legittimato alla detrazione e non obbliga alla registrazione chi la riceve. È, invece, irrilevante ai fini del diritto alla detrazione la data di ricezione della nota di variazione.

Riguardo poi l’ultimo quesito, ossia se con riferimento alla nota di variazione emessa entro i predetti termini, ricada sul debitore concordatario (società istante) l'obbligo di versare l'IVA relativa, viene richiamata la precisazione fatta con la risoluzione n. 161/E/2001, dove è stato puntualizzato che “essendo la nota di variazione relativa ad un debito sorto prima dell'avvio della procedura concorsuale, la sua registrazione non comporta, per il debitore concordatario, l'obbligo di rispondere verso l'Erario di un debito sul quale si sono già prodotti gli effetti estintivi del concordato preventivo. Diversamente - conclude il citato documento di prassi – si avrebbe una deroga all'efficacia liberatoria della procedura, da ritenersi ingiustificata in relazione alle norme che dispongono l'estinzione di ogni debito sorto anteriormente all'inizio della procedura medesima”.
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