3 maggio 2024

Attività di allevamento di animali

Tra determinazione dell’attività come reddito agrario o come reddito d’impresa

Autore: Cinzia De Stefanis
Domanda - Per attività cinotecnica si intende l’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine. Si chiede di sapere quando l’attività di allevamento di animali può dare luogo ad un reddito agrario e quando ad un reddito d’impresa?

Risposta -L’attività di allevamento di animali può dare luogo, nello stesso tempo, a un reddito agrario per la parte rientrante nei limiti fissati dall’art. 32 del Tuir e, per l’eccedenza, ad un reddito d’impresa che può essere determinato in due modi:
  • forfettariamente, cioè mediante l’utilizzo di appositi parametri;
  • in modo ordinario, secondo le risultanze delle scritture contabili.
L’articolo 1 , della legge n. 349/1993 chiarisce che per «l’attività cinotecnica si intende l’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine», all’articolo 2, della legge n. 349/1993 dispone che è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto, per cui le persone fisiche o giuridiche, singole o associate, che esercitano l’attività cinotecnica sono imprenditori agricoli, ai sensi dell’ art. 2135 c.c.

Con il successivo d.m. 28 gennaio 1994, attuativo della legge n. 349/1993, è stato disposto che l’attività di allevamento di cani assume natura di impresa quando l’allevamento abbia per oggetto almeno cinque fattrici, le quali annualmente producono non meno di trenta cuccioli. Pertanto, affinché un soggetto che alleva cani possa essere qualificato come imprenditore agricolo è necessario che:
  • l’allevamento abbia per oggetto almeno cinque fattrici, le quali annualmente producono non meno di trenta cuccioli;
  • i redditi che derivano da tale attività siano prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.
Ai fini fiscali, ed in particolare delle imposte dirette, l’attività di allevamento di animali, in generale è disciplinata dagli artt. 32 e 56, comma 5, del d.p.r. n. 917/1986, riguardanti, rispettivamente, il reddito agrario e la determinazione del reddito di impresa.

Ai sensi del citato art. 32, comma 2, lett. b) del Testo unico delle imposte sui redditi (T.U.I.R.) l’attività in questione rientra nel reddito agrario e non è produttiva di altro reddito quando il terreno è potenzialmente idoneo a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari. In questo caso, con apposito decreto ministeriale, è definito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata; a tale scopo sono previste specifiche tabelle. Qualificare come «agrario» il reddito da allevamento non significa che debba necessariamente sussistere un rapporto di connessione con il fondo quanto piuttosto l’esistenza di un determinato rapporto tra fabbisogno di mangimi e potenzialità del terreno; è cioè sufficiente la semplice idoneità del terreno a produrre almeno un quarto del mangime occorrente a foraggiare gli animali a prescindere dal fatto che tale quantità venga effettivamente prodotta.

Se, invece, il numero dei capi di bestiame allevati comporta un fabbisogno superiore a quattro volte la produttività potenziale del fondo, subentra un regime forfettario di determinazione del reddito, relativo alla parte «eccedente», che è valutato in base alla differenza tra i costi e i ricavi; in questo caso è obbligatorio avere un registro di carico e scarico degli animali così come avviene ad esempio per le rimanenze di magazzino in cui le rimanenze iniziali rappresentano un costo fiscalmente riconosciuto, da considerare ai fini del reddito di esercizio e quelle finali rappresentano un ricavo tassabile/imponibile. L’art. 56, comma 5, prevede, infatti, che nei confronti dei soggetti che esercitano attività di allevamento di animali oltre il limite suddetto, il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito d’impresa nell’ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Il valore medio e il coefficiente sono stabiliti ogni due anni anch’essi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali.
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