9 ottobre 2023

Impresa coltivatrice diretta

Agricoltore iscritto all’Inps: può svolgere attività commerciale?

Autore: Cinzia De Stefanis
Domanda -Si chiede se gli agricoltori iscritti alla previdenza agricola come impresa coltivatrice diretta, possano svolgere attività commerciale in un settore non affine alle attività agricole.

Risposta -Gli agricoltori iscritti alla previdenza agricola possono svolgere attività commerciali anche tramite partecipazioni in società.

Naturalmente è necessario verificare, ogni anno, che il reddito derivante dall'attività agricola sia maggiore rispetto al reddito derivante dall'attività commerciale.

Infatti, qualora il reddito dell'attività commerciale fosse maggiore, l'imprenditore agricolo andrebbe incontro ad una verifica, da parte della Regione, della posizione imprenditore agricolo professionale (Iap) /coltivatore diretti (cd) con il conseguente avvio della procedura di revoca della qualifica e conseguente decadimento dalle gestione Inps Iap/Cd.

L'imprenditore agricolo professionale (IAP) è colui che è in possesso di conoscenze e competenze professionali e che dedica all'attività agricola almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro da tale attività. Per l’imprenditore che opera nelle zone svantaggiate, tali requisiti sono ridotti al 25%.

Le disposizioni relative all’imprenditore agricolo professionale si applicano, in virtù del comma 5-ter dell’articolo 1 del d.lgs. 101/2005, anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso dei requisiti del reddito, del tempo e della capacità professionale, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica agli Uffici, che rilasciano apposita certificazione con la quale gli stessi provvedono all’iscrizione nell’apposita gestione dell’Inps.

Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell’istanza di riconoscimento, il soggetto interessato dovrà risultare in possesso dei predetti requisiti, pena la decadenza dagli eventuali benefici conseguiti.

Per coltivatore diretto s’intende l’imprenditore agricolo che si dedica direttamente e abitualmente alla manuale coltivazione dei terreni, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all’allevamento del bestiame ed attività connesse.

Per ottenere la qualifica di coltivatore diretto è necessario essere in possesso di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi. In particolare il coltivatore diretto deve contribuire, con il lavoro proprio e della propria famiglia, ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo aziendale, con un numero di giornate annue non inferiore a 104.

È bene ricordare che, qualora la lavorazione del fondo necessitasse di un numero di giornate inferiore a 104, il coltivatore non potrà usufruire della qualifica e del relativo regime previdenziale INPS. L’attività deve inoltre essere svolta in modo abituale e prevalente, ovvero dovrà occupare il lavoratore per la maggior parte di tempo e dovrà costituire la fonte di reddito principale.

Qualora, quindi, il soggetto eserciti contemporaneamente più attività, andrà determinata quella prevalente, in termini di tempo occupato e reddito ricavato. Va valutata, inoltre, la compatibilità di una doppia contribuzione in relazione al tipo di attività svolta ed alla vesta in cui l’attività stessa viene esercitata.

Rispetto all’imprenditore agricolo professionale, il coltivatore diretto gode attualmente di un unico esclusivo privilegio: quello relativo al diritto di prelazione in caso di compravendita di terreni agricoli.

Il diritto di prelazione spetta anzitutto al coltivatore che conduce in affitto, da almeno due anni, il terreno offerto in vendita. Solo se il terreno non è affittato a un coltivatore diretto, il diritto andrà ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti. La normativa intende quindi favorire l’acquisto dei terreni agricoli da parte di chi effettivamente li coltiva.

La legge richiede inoltre che l’acquisto del fondo oggetto della prelazione, in aggiunta a quelli già posseduti, non superi il triplo della capacità lavorativa della famiglia diretta coltivatrice. Il diritto di prelazione, inoltre, non può essere esercitato quando il terreno agricolo è oggetto di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento ed espropriazione per pubblica utilità, oltre che in caso di donazione.
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