1 giugno 2020
1 giugno 2020

Ore 8:30 - Miani su Saviano: “Ecco le ragioni della nostra indignazione”

CNDCEC

Pubblichiamo la lettera del Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, sulla polemica tra lo scrittore e la categoria

Gentile direttore,
il suo giornale ha ospitato un lungo articolo di Roberto Saviano nel quale lo scrittore torna su una polemica sorta a seguito di sue affermazioni fatte nel corso dell’ultima puntata di “Che tempo che fa”, trasmissione di Rai 2 condotta da Fabio Fazio. Le dichiarazioni di Saviano, secondo il quale i commercialisti segnalano alla criminalità le imprese in crisi perché divengano preda degli usurai, hanno generato una vera tempesta tra i 120mila iscritti alla categoria. Social, chat, mail grondano indignazione. Perché? Non certo perché i nostri iscritti sottovalutino i temi della legalità, l’evoluzione delle organizzazioni criminali, sempre più sofisticate e bisognose di competenze specialistiche per costruire le loro torbide operazioni. La categoria si è sentita ferita dalla genericità delle accuse rivolteci. Una denuncia come quella avanzata da Saviano in una trasmissione televisiva seguita da milioni di spettatori avrebbe dovuto essere accompagnata da una ben più forte sottolineatura della esiguità del numero dei professionisti invischiati in rapporti con la criminalità. Quelle affermazioni rischiano di far radicare nell’opinione pubblica l’equazione commercialisti uguale malaffare, con un danno evidente per la categoria, corpo intermedio insostituibile del nostro sistema economico.

E allora siamo stati costretti a parlare non già perché mossi da un’autoassolutoria reazione corporativa, ma per ricordare che i commercialisti gestiscono la quasi totalità dei beni sequestrati alle mafie, esponendosi in tal modo a potenziali ritorsioni. Che sono soggetti alla normativa antiriciclaggio, che il Consiglio nazionale della categoria, collaborando con la direzione nazionale antimafia e con decine di magistrati, ha prodotto importanti documenti finalizzati a rendere più efficace il nuovo codice Antimafia. Che nelle scorse settimane abbiamo lanciato un appello affinchè si semplifichi la normativa sul sovraindebitamento, perché sia più facile ricorrervi in questi mesi di drammatica crisi economica. Che nel volume “Mafie e libere professioni” (Donzelli editore), pur in un contesto problematico, proprio al nostro Consiglio nazionale si riconosce il valore del suo codice deontologico e quello del sistema di attribuzione del rating del rischio connesso alle attività professionali, illustrato nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare antimafia.


Quindi tutto bene tra i commercialisti italiani? Ovviamente no. Abbiamo piena consapevolezza che, per quanto estremamente limitato in termini assoluti, il fenomeno della collusione dei cosiddetti colletti bianchi con la criminalità organizzata vada combattuto con forza. Noi ci stiamo provando. Certo non solo con generici comunicati del giorno dopo in cui ci diciamo al fianco della magistratura quando commercialisti (quando lo sono, perché troppo spesso la stampa definisce commercialisti persone non iscritte al nostro Albo) vengono coinvolti in inchieste di mafia. Crediamo che vada aperto un dibattito su una riforma della nostra giustizia domestica. Si rafforzino gli strumenti di controllo degli Ordini professionali sui propri iscritti, a cominciare dalla sospensione cautelare. Ma si ragioni anche sul fatto che quando i nostri Consigli di disciplina sospendono o radiano gli iscritti vedono vanificato il proprio lavoro perché spesso i sospesi e i radiati proseguono l’attività (e il malaffare) come abusivi, senza che lo Stato glielo impedisca inibendo la loro attività sotto altre forme. Noi siamo pronti a parlare di tutto questo con la politica e con le istituzioni. A dimostrazione del fatto che quando Saviano, rivolgendosi ai vertici della nostra categoria, oltre che alla politica, chiude il suo articolo scrivendo “o non sapevate nulla di tutto questo, e sarebbe grave, o state mentendo e questa vostra attitudine sfiora la complicità”, cade nello stesso errore commesso in diretta da Fazio: un uso irresponsabile delle parole. Noi continueremo nonostante tutto ad apprezzare il suo impegno contro le mafie, che è anche il nostro. E i commercialisti italiani continueranno a battersi contro la criminalità e a mettere al servizio di contribuenti e imprese le proprie competenze qualificate. Utili al Paese, recita lo slogan di una nostra campagna. È quello che siamo.

 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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