26 marzo 2021

Rottamazione cartelle ed evasione fiscale: l’ingiustificata caccia alle streghe

Autore: Direttore Antonio Gigliotti
La rottamazione delle cartelle fino a 5000 euro per il periodo 2000-2010 ha re-innescato il dibattito pubblico sulla questione dei condoni.
Stando ad un paper pubblicato sul sito della Banca d’Italia lo scorso 18 marzo (Cosa gli italiani pensano dell’evasione fiscale?), nel 2013 gli italiani che consideravano l’evasione un serio problema erano circa il 90%. Tuttavia, il 61.1% degli italiani dichiarava di legittimare eticamente l’evasione nel caso il pagamento delle imposte sottraesse all’impresa le somme necessarie per stare nel mercato, mentre il 57.1% dichiarava che le tasse erano eccessivamente alte. Lo studio presentato dalla Banca d’Italia dimostra che l’evasione è statisticamente più diffusa tra coloro che hanno un livello più basso di istruzione e di reddito, ma anche tra gli anziani, al Sud e nelle isole. Tuttavia, dal 2008 anche il Nord si è progressivamente allineato.

Insomma, se per gli italiani l’evasione fiscale rappresenta un serio problema, non mancano di certo le motivazioni morali che spingono gli italiani a legittimare il non pagamento delle imposte.

Sul Fatto Quotidiano di ieri 25/03 compare un articolo a firma dell’avv. Emilio Zecca che precisa: “Quando scritto nel decreto Sostegni è molto più che un condono e chiaramente anticostituzionale”, tanto da parlare di una vera e propria “remissione dei debiti in corso di riscossione, compresi quindi quelli riferiti al tributo e non solo alle sanzioni”.

All’occhio attento di un esperto di fisco, invece, il provvedimento previsto dal Decreto Sostegni non solo si colloca ben al di sotto delle aspettative, ma addirittura non ha alcun senso compiuto (per il contribuente...). L’annullamento dei debiti di importo residuo fino a 5.000,00 € previsto dall’articolo 4 comma 4 del Decreto Sostegni approvato in Consiglio dei Ministri non è, infatti, né un condono, né una misura di conforto per l’economia.

La limitazione della disposizione ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 ha il solo scopo di svuotare l’archivio dell’Amministrazione Finanziaria dai ruoli divenuti ormai inesigibili, ovvero che l’Amministrazione Finanziaria ritiene non sarà più in grado di riscuotere. Pensandoci bene, infatti, le iscrizioni a ruolo nel decennio considerato si riferiscono mediamente a violazioni di 2 anni precedenti, ovvero debiti riconducibili al periodo 1998-2008. Se non già prescritti, verifica da fare codice civile alla mano e tenuta in debita considerazione la notifica di eventuali atti interruttivi della prescrizione, ove possibile, i debiti del periodo considerato sarebbero stati già pagati dal contribuente. La rateazione ordinaria, infatti, nella migliore delle ipotesi è composta da 72 rate. Il debito, in altri termini, sarebbe stato già assolto ben prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione.

L’Amministrazione Finanziaria avrebbe varato un provvedimento “propaganda”, che serve certamente alla politica ed all’Amministrazione Finanziaria ma del tutto inutile per i contribuenti italiani.

E la propaganda divide. Fa il gioco dell’irrazionalità della politica. Non certo di quello della ragione degli uomini di scienza.

Stando alla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva- anno 2020 pubblicato sul sito del MEF, “il reddito da lavoro autonomo e impresa evaso è pari a circa 71,5 miliardi di euro, a cui corrisponde un’IRPEF evasa pari a circa 26 miliardi di euro”. Due terzi delle imposte e dell’IRPEF sarebbe dunque evaso non dà grandi gruppi industriali o aziende consolidate, bensì da lavoratori autonomi e piccole imprese. Ciò significa, per chi fa il mio mestiere, che chi non ha pagato quelle cartelle dal 2000 al 2010, nella quasi totalità dei casi è perché non può permettersi somme minori o pari 5000 euro.
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