Il Sud Italia si spopola sempre di più e perde 1,6 milioni di giovani negli ultimi 25 anni, è quanto emerge da un’analisi elaborata dall’Ufficio Studi Confcommercio.
Oltre a focalizzarsi sui temi più ricorrenti che penalizzano da sempre le regioni meridionali della penisola, delinea un forte legame tra la produttività, le condizioni economiche e sociali della vita e la scelta di rimanere o meno nelle terre del mezzogiorno.
Il Gap tra Nord e Sud è sempre più evidente e l’area bassa della penisola fatica sempre più nella crescita socio-economica, infatti, tra il 1995 e il 2020 il peso percentuale della ricchezza prodotta in quest’area è variata di pochi punti percentuali. Nel contempo il Pil pro capite non ha subito variazione rimanendo la metà di quello Settentrionale.
Non è una novità che l’andamento dell’economia meridionale sia più lento rispetto a quello delle altre aree del Bel Paese, il tasso di variazione degli occupati è cresciuto quattro volte in meno rispetto alla media nazionale negli ultimi venticinque anni.
Il Sud cresce poco, complici tra le varie problematiche, la burocrazia, la micro-illegalità ampiamente diffusa, la scarsa digitalizzazione e innovazione. Secondo Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’opportunità irripetibile per il Meridione, soprattutto per migliorare le infrastrutture e di conseguenza il turismo, una tra le più importanti risorse.
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