21 aprile 2017

ESTENSIONE DELLA MEDIAZIONE TRIBUTARIA: CRITICHE ALL’INDIPENDENZA DELLA FUNZIONE

Autore: Ester annetta
Rilanciare la mediazione tributaria per ridurre il contenzioso fiscale: è a prima vista inappuntabile l’obiettivo della previsione contenuta nella manovra correttiva varata nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri che, modificando l’articolo 17-bis del Dlgs. 546/1992, a partire dal 1° gennaio 2018 intende estendere l’obbligatorietà della procedura della mediazione alle controversie tributarie fino a cinquantamila euro di valore (ove per valore si intende quello della lite così come definito dall’articolo 12, comma 2, del predetto Dlgs.: “Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore costituito dalla somma di queste”), superando pertanto di più del doppio l’attuale limite di ventimila euro.
Difatti, sulla scia dell’effetto prodotto dall’introduzione della procedura di reclamo che, stando ai dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate, ha notevolmente ridotto il numero dei ricorsi tributari, l’intento della manovra è quello di decongestionare ulteriormente il contenzioso tributario costringendo i contribuenti ad adottare preventivamente lo strumento (amministrativo) del reclamo e della mediazione, rendendoli perciò propedeutici alla possibilità di presentare successivamente ricorso giudiziario.
Ma se, da un lato, è incontestabile l’effetto “alleggerimento” che comporta l’affidamento della gestione di un gran numero di conflitti tributari agli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria, dall’altro, questa risoluzione “interna” del contenzioso va indubbiamente a discapito dei requisiti di terzietà ed imparzialità che si esigono in capo alla funzione giudicante, difettando evidentemente l’autonomia del soggetto preposto alla gestione delle predette controversie.
E’ quanto viene evidenziato in un comunicato diffuso ieri dall’ANC, ove, pur riconoscendosi l’efficacia oggettiva della mediazione come strumento alternativo alla tutela giurisdizionale nella risoluzione delle controversie, se ne discute nello specifico l’idoneità, poiché – si legge “è molto difficile credere che la mediazione tributaria, così come oggi strutturata, possa essere uno strumento in grado di assolvere, con piena efficacia, la sua funzione”.
Pur rispondendo, difatti, a requisiti di rapidità, semplicità ed economicità e quindi, alla reciproca convenienza delle parti ad addivenire ad un accordo, lo strumento considerato non garantisce, all’opposto, gli inderogabili principi di autonomia, indipendenza ed imparzialità cui va improntata l’azione dell’organismo preposto alla gestione delle liti e, in assenza di meccanismi idonei a garantire detti principi, “la mediazione tributaria – si legge ancora, per dichiarazione del Presidente Cuchel – stando all’attuale impianto normativo, dà prova di tutta la sua inadeguatezza.” Di fatto, per come si struttura, la mediazione tributaria consiste ora in una sorta di duplicazione dell’accertamento con adesione, con la sola variante che il soggetto interlocutore anziché essere l’Ufficio Controllo dell’Agenzia delle Entrate è il suo Ufficio Legale.
Per Chuchel è dunque indispensabile un intervento del legislatore volto all’adozione del medesimo schema che sta alla base della mediazione civile, al fine di garantire anche nella mediazione tributaria, il rispetto del principio dell’autonomia e della terzietà. “Ciò significa – ha concluso - prevedere l’istituzione di specifici organismi, la cui operatività, dal punto di vista della composizione e della funzione, sia trasparente, completamente indipendente dall’Amministrazione finanziaria nonché caratterizzata da comprovate e specifiche competenze tecniche e professionali.”
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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