31 maggio 2016

IL FISCO E LE PRESUNTE TARIFFE

Non è il titolo di una fiaba, ma il richiamo ad un nuovo strumento di accertamento messo in atto dall’Amministrazione finanziaria negli ultimi tempi, e che solleva tra i professionisti non solo perplessità ma anche sconcerto: difatti, tramite l’incrocio dei dati relativi alle dichiarazioni fiscali trasmesse a mezzo di professionisti-intermediari abilitati e le fatture emesse dagli stessi, qualora tra esse non vi sia corrispondenza, l’Ufficio accertatore arriva a presumere un maggior reddito in capo al professionista che ha omesso il rilascio della fattura. Tale maggior reddito, in base, appunto, ad un tariffario presunto, viene calcolato basandosi su compensi oscillanti tra i 170 e i 670 euro, a seconda del tipo di modello Unico.

A riguardo si esprime con sdegno Marco Cuchel, presidente dell’ANC, nel puntualizzare l’azzardo così compiuto dall’Amministrazione Finanziaria, cui muove l’accusa di non tener conto di alcune circostanze ben precise: anzitutto la possibilità che la predisposizione delle dichiarazioni fiscali venga spesso compiuta dal professionista incaricato nell’ambito di un’attività di consulenza o professionale comunque più ampia prestata nei confronti del cliente; ragione per cui il corrispettivo per l’attività dichiarativa può essere complessivamente e forfetariamente calcolato all’interno di un’entità economica che comprende diversi servizi per conto del cliente, quali la contabilità, le buste paga ecc…. Senza contare, inoltre, la possibilità che alcune prestazioni possano essere rese in maniera gratuita, anche al di fuori della cerchia parentale!

Ma ancor più aspra è la critica di Cuchel alla modalità di calcolo – e dunque alla presunzione determinata dall’Amministrazione Finanziaria – del compenso percepito a fronte di una non corrispondente fattura: “I corrispettivi che si presume debbano essere stati percepiti pongono l’Amministrazione in un quadro di mercato completamente al di fuori della realtà” – ha dichiarato Cuchel, che ritiene le tariffe applicate davvero eccessive ed esose “in un momento in cui la professione deve continuamente fronteggiare la selvaggia deregulation causata dall’entrata nel mercato di soggetti non sottoposti ad alcun vincolo formativo, assicurativo, disciplinare e deontologico” .

E nel ricordare che con il DL 24.01.2012 n. 1 erano state abolite le tariffe per una serie di categorie di professionisti (commercialisti compresi) iscritti in Albi, il che aveva creato non poche difficoltà disorientando i professionisti stessi circa i criteri di determinazione dei loro compensi, per Cuchel sembra ora paradossale che ove il professionista non possa ricorrere ad un tariffario per chiedere i compensi al proprio cliente sia viceversa il Fisco ad applicare un tariffario “presunto”!

Poco chiaro è pure il criterio adottato dal Fisco per determinare gli importi di tali tariffe presunte, considerato che diverse sono le casistiche rappresentabili all’interno di uno stesso tipo di dichiarazione e che pertanto non può esserci un criterio unitario di determinazione del compenso. A parere di Cuchel, la determinazione degli importi sembrerebbe esser stata parametrata a quanto indicato nella tabella C del DM 20.07.2012 n. 240: un’equiparazione evidentemente inaccettabile, essendo quella previsione riferita alla liquidazione dei compensi in via giurisdizionale e dunque a fattispecie completamente differenti da quelle che contemplano il rapporto tra cliente e professionista, basato anche su una fiducia, delle modalità ed una durata per nulla proprie di quell’attività.
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