4 agosto 2018

Domanda di concordato preventivo: i chiarimenti del Fisco

Autore: Pietro Mosella
Nella Circolare n. 16 del 23 luglio 2018, l’Agenzia delle Entrate, fornendo chiarimenti in materia di trattamento dei crediti tributari nell’ambito del concordato preventivo, in considerazione delle modifiche normative, si è anche soffermata sull’aspetto riguardante, appunto, la domanda di concordato preventivo.

Innanzitutto, l’imprenditore che ha intenzione di accedere al concordato preventivo, deve proporre la relativa domanda mediante ricorso al Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa. Tale domanda, deve contenere la proposta, rivolta a tutti i creditori, del piano di ristrutturazione dei debiti e soddisfacimento dei crediti di cui all’articolo 160 della Legge Fallimentare e gli altri allegati previsti dall’articolo 161 della stessa legge.

Relativamente al contenuto della proposta, come si osserva nel documento di prassi, a seguito alle modifiche apportate all’articolo 182-ter della L.F., lo stesso, ammette il pagamento parziale dei crediti tributari, compresi quelli relativi all’IVA e alle ritenute fiscali, in qualsivoglia ipotesi di concordato preventivo.

In virtù di tali modifiche al suddetto articolo, quindi, tutti i crediti tributari – come si legge nel documento - sono falcidiabili, ferme restando le garanzie previste dal secondo comma dell’articolo 160 della L.F. (espressamente richiamate anche nella nuova norma), tra le quali appare, in particolare, rimarcato il ruolo dell’attestazione di un professionista terzo e indipendente, da cui risulti che la proposta concordataria è maggiormente satisfattiva per l’Amministrazione finanziaria rispetto all’alternativa fallimentare.

Si osserva, altresì, che, se i crediti vantati dalle agenzie fiscali o dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie sono assistiti da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento, nonché le eventuali garanzie, proposti per i crediti tributari e previdenziali, non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei.

In considerazione di quanto sopra esposto, qualora sussistano le predette condizioni, la domanda di concordato preventivo, potrà prevedere la soddisfazione non integrale del credito tributario privilegiato, mentre, la parte del suddetto credito falcidiata, “degraderà a credito e sarà inserita in una classe apposita”.

In relazione ai crediti chirografari, l’Agenzia osserva che, il trattamento del credito tributario o contributivo, non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori non muniti di alcun diritto di prelazione o, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

I principi sopra esposti, si applicano anche con riferimento ai crediti privilegiati divenuti chirografari per effetto della degradazione.

Il documento di prassi ricorda, inoltre, che il D.L. n. 83 del 2015, ha anche previsto che, salvo il caso del concordato preventivo con continuità aziendale, la proposta debba, in ogni caso, assicurare il pagamento dei crediti chirografari nella misura di almeno il 20% dell’ammontare complessivo.

Applicando la suddetta disposizione, pertanto, “la parte di credito tributario degradata a chirografo troverà soddisfazione, unitamente agli altri crediti chirografari, nella percentuale prevista dall’articolo 160, quarto comma, della L.F.”.

Come ricorda, infine, l’Agenzia, la proposta di concordato, secondo quanto previsto conseguentemente alla modifica normativa introdotta con il D.L. n. 83/2015, deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, procurata in favore di ciascun creditore.
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