16 luglio 2018

Gratuito patrocinio: l’indennità di accompagnamento non costituisce reddito

Autore: Redazione Fiscal Focus
Il nostro ordinamento prevede che chi non ha un reddito sufficiente a mantenersi, inferiore a circa mille euro al mese, ha diritto a ottenere gratuitamente l’assistenza legale sia per avviare una causa che per difendersi da quella intentatagli da altri nei processi civili, penali, amministrativi o tributari. Il gratuito patrocinio copre il costo sia della parcella del proprio legale che tutte le le spese collegate al giudizio.

Per essere ammessi al gratuito patrocinio, il cittadino deve avere un reddito annuo non superiore al limite che viene periodicamente rideterminato dal Ministero della Giustizia, attualmente pari a 11.493,82 euro.

La Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 26302 dell’8 giugno 2018, ha chiarito la valenza reddituale, ai fini del gratuito patrocinino, dell’indennità di accompagnamento.
L’indennità di accompagnamento, stante la finalità di mero sussidio statale, non concorre a formale la base di calcolo rilevante ai fini del gratuito patrocinio.

Cos’è il gratuito patrocinio? - Istituito con il D.P.R. n°115 del 2002, il gratuito patrocinio stabilisce che:
  • un cittadino può avvalersi dell’assistenza di un avvocato a spese dello Stato per un processo penale qualora sia indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che vuole costituirsi parte civile, responsabile civile o civilmente obbligato per la pena pecuniaria;
  • un cittadino può avvalersi dell’assistenza di un avvocato a spese dello Stato per un processo civile, amministrativo, contabile o tributario, qualora le sue ragioni non risultino manifestamente infondate.

Come vi abbiamo anticipato, requisito fondamentale per beneficiare del gratuito patrocinio è quello per cui il cittadino non abbia la possibilità economica per poter incaricare un avvocato per la sua difesa.
È possibile usufruire del gratuito patrocinio per ogni stato e grado del processo ed è valido anche per tutti i successivi gradi di giudizio.

Infine, va fatta una distinzione tra il gratuito patrocinio e la difesa d’ufficio; quest’ultima infatti è garantita ad ogni cittadino indipendentemente dal reddito e l’avvocato che si occuperà dell’assistenza legale sarà nominato dal giudice o dal Pubblico Ministero e le spese restano a carico dell’imputato.

Per il gratuito patrocinio, invece, il cittadino può scegliere a quale avvocato affidarsi tra quelli iscritti negli specifici elenchi.

Requisiti - Come stabilito dalla legge, possono essere assistiti gratuitamente da un avvocato:
  • i cittadini italiani;
  • gli stranieri se regolarmente soggiornanti in Italia al momento dei fatti contestati;
  • apolidi;
  • gli enti o le associazioni che non esercitano attività economica e non hanno fini di lucro.

Per essere rappresentato gratuitamente dall’avvocato il limite del reddito, come risultato dall’ultima dichiarazione dei redditi, non deve essere superiore a 11.493,82 euro. Per chi fa parte di un nucleo familiare, il reddito è il risultato della somma dei redditi conseguiti lo stesso anno da ogni componente della famiglia.

Unica eccezione è rappresentata dai processi nei quali il richiedente del gratuito patrocinio sia in conflitto con gli altri membri del nucleo familiare, poiché in tal caso verrà considerato solamente il suo reddito.

Inoltre, in ambito penale il limite di reddito per la richiesta del gratuito patrocinio è elevato a 1.032,91 euro per ognuno dei familiari conviventi.

Al riguardo è utile sottolineare che, con la Sentenza n. 13497/17 del 20 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha stabilito che le vittime di stalking hanno sempre diritto al gratuito patrocinio, indipendentemente dal reddito, senza fare alcun riferimento alla soglia di reddito richiesta per usufruire del gratuito patrocinio.

Il caso di specie - Il caso prende le mosse dal provvedimento di diniego di ammissione al gratuito patrocinio emesso in danno di un soggetto con invalidità totale percettore di una indennità di accompagnamento che, sommata al reddito del nucleo familiare, determinava il superamento dei limiti di legge. Il Giudice di primae curae, infatti, aveva motivato il rigetto della domanda di ammissione sulla considerazione che l’indennità di accompagnamento dovesse essere qualificata a tutti gli effetti quale “reddito” percepito dall’istante.

Il parere di legittimità - La Cassazione ha ribadito invece che l’indennità di accompagnamento erogata dallo Stato in favore dei soggetti affetti da invalidità totale e non autosufficienti non rientra in alcuna delle categorie di reddito prevista dall’art. 6 DPR 86/917 né è concettualmente assimilabile alle fonti di entrata previste dalla predetta norma, trattandosi di sussidio statale che non determina un incremento patrimoniale del beneficiario.
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