30 marzo 2016

CHIARIMENTI APPANANTI IN MATERIA DI VOUCHER

Autore: Marialuisa De Cia
Il 22 marzo 2016 è stato diffuso un comunicato stampa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in materia di lavoro accessorio (voucher), che ha lasciato interdetti non pochi lettori.

Con riferimento all’art. 48 e seguenti del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il Ministero è intervenuto con il suddetto comunicato, allo scopo di rendere pienamente tracciabili i voucher per le prestazioni di lavoro accessorio, onde evitarne un uso distorto come pure di impedire comportamenti illegittimi da parte degli utilizzatori (committenti). In particolare, il Ministero precisa che i committenti dovranno comunicare preventivamente, in modalità telematica, il nominativo ed il codice fiscale del lavoratore nonché la data, il luogo e la durata della prestazione.

Forse al Ministero sfugge che il codice fiscale del lavoratore, la data e il luogo della prestazione, sono informazioni che vengono già oggi preventivamente comunicate con modalità telematiche. Nessuna innovazione da questo punto di vista, salvo l’obbligo di comunicazione del nominativo (peraltro non un rilevante passo avanti!) e l’indicazione dell’effettivo orario di lavoro.

Pur condividendo l'intento del Ministero di contrastare ogni forma di illegalità e di precarietà nel mercato del lavoro, di colpire i comportamenti idonei ad un illegittimo ricorso a prestazioni di lavoro e di consentire la corretta concorrenza tra le imprese, è inevitabile esprimere numerose perplessità sulla portata dell’intervento di modifica previsto dal Ministero nel primo decreto correttivo dei decreti attuativi del Jobs Act, ove sarà inserito l’obbligo di comunicare i suddetti dati, al fine di evitare un uso distorto della tipologia contrattuale del lavoro accessorio.

L'obbligo di comunicare l'orario di inizio e l'orario di fine della prestazione appare eccessivamente rigido, poco conforme alla natura stessa del lavoro accessorio, che è tipicamente occasionale (cfr. art. 48 d.lgs. 81/2015: “Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile…”), e rischia di produrre effetti esattamente contrari rispetto a quelli prospettati dal Ministero. E' lecito domandarsi quali saranno le conseguenze per le imprese qualora un lavoratore venga trovato oltre l'orario comunicato telematicamente, tenuto conto che, nel sistema economico attuale, è pressoché impossibile, considerata la volatilità della domanda di quasi ogni bene o servizio, pianificare con precisione cronometrica (come pare richiedere il Ministero), gli orari di utilizzo della prestazione. C’è da sperare che nel decreto correttivo venga prevista la possibilità di prorogare la prestazione - ad esempio con un semplice sms - acquistando solo successivamente gli ulteriori voucher. E’ opportuno evidenziare inoltre la necessità di stabilire congrui limiti di tolleranza e di prevedere la possibilità per i committenti di sanare l'uso improprio dei voucher fatto in buona fede, senza incorrere nella maxi sanzione per il “lavoro nero” prevista dal D.Lgs. 151/2015 o addirittura nella sospensione dell'attività imprenditoriale di cui al D.Lgs. 81/2008, sanzioni queste che appaiono violare apertamente il consolidato principio di proporzionalità.
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