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La Corte di Cassazione, con la sentenza n.22353 del 2 novembre 2015, si è espressa sul delicato – quanto attuale – tema dell’utilizzo improprio della casella di posta elettronica aziendale. Secondo gli Ermellini, tale condotta non legittima di per sé, il ricorso al licenziamento per giusta causa, ex art. 2119 cod. civ., in quanto servirebbero elementi addizionali, in grado di qualificare in termini di maggiore intensità la gravità del comportamento del dipendente, al punto da legittimare un’interruzione in tronco del rapporto di lavoro.
Sentenza n. 22353/2015 – Con la menzionata sentenza, la Suprema Corteè tornata sul tema dell’utilizzo improprio della casella di posta aziendale, confermandosostanzialmente gli orientamenti già rassegnati e specificando ulteriormente la propria posizione. Secondo i giudici di legittimità, infatti, ove il codice disciplinare o la contrattazione collettiva prevedano la sanzione conservativa per l’uso improprio della email aziendale, l’elusione, da parte del lavoratore, delle specifiche informative e dei molteplici avvisi effettuati dal datore al fine di prevenire abusi, non è sufficiente a configurare il livello di gravità richiesto dall’art. 2119 cod. civ.
Parere CdL – Secondo i CdL, la posizione assunta dalla Corte di Cassazione finisce “per legittimare l’azione di quel dipendente che, esplicitamente e coscientemente, contravvenendo a specifiche indicazioni precauzionali del datore di lavoro, utilizzi a fini personali strumenti informatici di cui dispone in ragione della posizione professionale ricoperta in azienda”. Tutto ciò potrebbe esporre il datore di lavoro al rischio continuo che il dipendente in questione reiteri il suo comportamento ad libitum, privando di valore vincolante le ripetute indicazioni circa l’utilizzo appropriato della strumentazione di lavoro. Fattispecie, questa, effettivamente realizzatasi nella sentenza in trattazione,poiché il dipendente non si era semplicemente limitato a violare la diposizione del contratto collettivo che vieta l’uso improprio di strumentazione aziendale, ma aveva aggravato la sua posizione non attenendosi alle specifiche e comprovate indicazioni ulteriormente fornitegli.