12 novembre 2015

Uso improprio della e-mail aziendale: il parere dei CdL

Il mancato licenziamento del dipendente che usa l’e-mail aziendale per questioni personali, potrebbe esporre il datore di lavoro al rischio di comportamenti reiterati ad libitium

Autore: redazione fiscal focus

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.22353 del 2 novembre 2015, si è espressa sul delicato – quanto attuale – tema dell’utilizzo improprio della casella di posta elettronica aziendale. Secondo gli Ermellini, tale condotta non legittima di per sé, il ricorso al licenziamento per giusta causa, ex art. 2119 cod. civ., in quanto servirebbero elementi addizionali, in grado di qualificare in termini di maggiore intensità la gravità del comportamento del dipendente, al punto da legittimare un’interruzione in tronco del rapporto di lavoro.


Quindi, in tutte le ipotesi in cui la condotta del dipendente si sia sostanziata nell’utilizzo della posta aziendale senza produzione di un danno serio e quantificabile, la Corte ha sempre individuato come proporzionata e sufficiente una sanzione disciplinare di natura conservativa.
Sul punto, certo non poteva mancare l’intervento da parte della Fondazione Studi CdL che, con i parere n. 2/2015, ha analizzato le posizioni assunte dalla Cassazione in merito all’argomento.


Uso improprio dell’email - Con l’espressione “uso improprio dell’email” s’intende l’utilizzo che fuoriesca integralmente dalle finalità connesse alle mansioni lavorative, come risultanti dall’obbligazione assunta dal prestatore con la sottoscrizione del contratto di lavoro. Ipotesi classica è quella del ricorso a tale casella per effettuare comunicazioni o intrattenere rapporti di natura essenzialmente personale, non legati, nemmeno occasionalmente, con l’esercizio dell’attività di lavoro.


Sentenza n. 22353/2015 – Con la menzionata sentenza, la Suprema Corteè tornata sul tema dell’utilizzo improprio della casella di posta aziendale, confermandosostanzialmente gli orientamenti già rassegnati e specificando ulteriormente la propria posizione. Secondo i giudici di legittimità, infatti, ove il codice disciplinare o la contrattazione collettiva prevedano la sanzione conservativa per l’uso improprio della email aziendale, l’elusione, da parte del lavoratore, delle specifiche informative e dei molteplici avvisi effettuati dal datore al fine di prevenire abusi, non è sufficiente a configurare il livello di gravità richiesto dall’art. 2119 cod. civ.


In tali casi, quindi,il datore dovrà attenersi all’applicazione della sanzione disciplinare prevista, non potendo la violazione dei moniti e delle comunicazioni datoriali essere considerata come una violazione di obblighi contrattuali distinti, tali da consentire il passaggio alla sanzione espulsiva.


Parere CdL – Secondo i CdL, la posizione assunta dalla Corte di Cassazione finisce “per legittimare l’azione di quel dipendente che, esplicitamente e coscientemente, contravvenendo a specifiche indicazioni precauzionali del datore di lavoro, utilizzi a fini personali strumenti informatici di cui dispone in ragione della posizione professionale ricoperta in azienda”. Tutto ciò potrebbe esporre il datore di lavoro al rischio continuo che il dipendente in questione reiteri il suo comportamento ad libitum, privando di valore vincolante le ripetute indicazioni circa l’utilizzo appropriato della strumentazione di lavoro. Fattispecie, questa, effettivamente realizzatasi nella sentenza in trattazione,poiché il dipendente non si era semplicemente limitato a violare la diposizione del contratto collettivo che vieta l’uso improprio di strumentazione aziendale, ma aveva aggravato la sua posizione non attenendosi alle specifiche e comprovate indicazioni ulteriormente fornitegli.

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