13 luglio 2016

Dimissioni online: dal sindacato si pagano

Fino a 150 euro per chi non è in grado di procedere autonomamente all'invio telematico delle dimissioni volontarie

Autore: DANIELE BONADDIO
Il Jobs Act, con il Decreto Legislativo n. 151/15 art. 26, ha inteso contrastare la pratica illecita delle “dimissioni in bianco” con una procedura che non può essere derogata da altre modalità di comunicazione, salvo alcuni specifici casi. Dal 12 marzo 2016, pertanto, per i lavoratori dipendenti titolari di qualunque forma di rapporto di lavoro, esistono due modi per comunicare le proprie dimissioni: personalmente o rivolgendosi ai soggetti abilitati (patronato, organizzazione sindacale, ente bilaterale, commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003).

Purtroppo dimettersi non è semplice, in quanto bisogna seguire dei passaggi predeterminati se si vuole seguire la procedura personalmente e senza l’ausilio dei menzionati terzi soggetti. In sostanza, bisogna:
  1. recarsi all’INPS per ottenere il PIN dispositivo o richiederlo tramite il sito INPS ed attendere il completamento via posta;
  2. recuperare indirizzo mail del datore di lavoro (ordinario o Pec);
  3. per i rapporti instaurati prima del 2008, recuperare il codice fiscale del datore di lavoro;
  4. seguire la procedura telematica indicata nel sito dedicato.

È chiaro che, così com’è attualmente strutturata la norma, i lavoratori preferiscono affidare la propria pratica a terzi soggetti, proprio per la scarsa semplicità delle regole; ma anche in quest’ultimo caso le sorprese non mancano.

Dal sindacato si paga – Nei giorni scorsi è scoppiato il caso di un lavoratore che intendeva dimettersi, affidando le relative pratiche al sindacato, il quale a fronte della richiesta di assistenza ha chiesto una somma di 150 euro. Il lavoratore, dopo essersi rifiutato di pagare la suddetta cifra per trasmettere per suo conto le dimissioni on line, aveva chiesto ulteriori spiegazioni ad una consulente del lavoro per capire se la somma, che riguardava l'iscrizione al sindacato che avrebbe seguito la procedura, è dovuta o meno.

"Essendo un obbligo di legge - afferma la Consulente del Lavoro - eravamo e siamo convinti che l'inoltro debba essere gratuito e, per aver chiarimenti circa quanto asserito dal lavoratore, abbiamo provato a chiamare il patronato. L'interlocutrice ci ha confermato che il servizio è a pagamento per i non iscritti al sindacato". "Dobbiamo dedurre - continua la professionista - che le dimissioni on line non servono ad evitare le dimissioni in bianco, ma a far proliferare le iscrizioni ai sindacati anche contro la volontà dei singoli lavoratori".

Procedura rigida - Altra vicenda problematica sulle dimissioni telematiche, che ha interessato questa volta più da vicino il campionato di calcio italiano, riguarda l’allenatore della Lazio Marcelo Bielsa, il quale ha rassegnato le proprie dimissioni prima ancora di sedersi sulla panchina dei bianco celesti. Infatti, considerato che il Legislatore ha inteso di ritenere valide le dimissioni o risoluzioni consensuali, e quindi ritenere risolto il rapporto di lavoro, solo in caso di compilazione dell’apposito modello telematico, è molto probabile che le dimissioni rese da Bilesa siano proprio inefficaci. Non basta dunque una semplice lettera in cui scrivere che il contraente intende recedere dal rapporto di lavoro, in quanto il Legislatore ha introdotto un meccanismo piuttosto rigido al fine di eliminare l’abuso delle c.d. “dimissioni in bianco”.

Ricordiamo che lo sport professionistico segue sì regole speciali e ben specifiche, ma non sembra che il Ministero del Lavoro (Circolare n. 12/2016) abbia inclusi anche questi ultimi tra i soggetti esonerati alla procedura di cui all’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, che continua a non essere applicata:
  • ai rapporti di lavoro domestico;
  • alle conciliazioni o procedimenti di risoluzione del rapporto di lavoro presso le commissioni di certificazione (c.d. sedi protette);
  • al recesso durante il periodo di prova di cui all’art. 2096 C.c.;
  • alle dimissioni e risoluzione consensuale prestate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza o dalla lavoratrice/lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino (in questo caso, è operativa la convalida da effettuare presso la Direzione del Lavoro);
  • ai lavoratori del settore marittimo (in quanto il contratto di arruolamento dei lavoratori marittimi è regolato da legge speciale del Codice della Navigazione);
  • ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, di cui all’art. 1, co. 2 del D.Lgs. n. 165/2001.
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