20 marzo 2024

Finanza alternativa, c’è vita oltre le banche

Per le PMI rappresentano sempre di più un’alternativa al sistema bancario tradizionale: un modo più snello di accedere a capitali e di diversificare le fonti di finanziamento

Autore: Germano Longo
C’era un tempo in cui l’imprenditore andava in banca, chiedeva una somma in prestito e normalmente la otteneva senza grossi problemi al termine di un’amichevole chiacchierata e stretta di mano con il direttore, che conosceva da sempre. Ora, complici anche la crisi, l’inflazione, l’instabilità geopolitica e l’aumento dei tassi di interesse che ha ridotto le capacità di investimento, non è più così: conoscere il direttore della filiale non mette al riparo da norme sempre più stringenti e rigide e da una mole di informazioni diventate necessarie e fondamentali che rendono l’accesso al credito sempre più simile ad una corsa ad ostacoli, che se per le grandi aziende è tortuosa ma superabile sbarra la strada alle PMI, decisamente meno strutturate e a volte in difficoltà nel mettere insieme la mole di informazioni richieste.

Ma al netto dell’irrigidimento del sistema bancario, che molto si basa sui calcoli del merito creditizio – ovviamente quasi sempre a livello medio-basso per le imprese giovani - nel tempo si sono sviluppate soluzioni di finanza alternativa attraverso canali finanziari non bancari, concentrate fra la ricerca di investimenti per capitali privati e l’ideazione di strumenti legati al “Private Debt” e il “Private Equity”. Per le piccole e medie imprese, novità che equivalgono all’opportunità addirittura per diversificare la platea da cui arrivano i capitali, potendo contare anche su alternative oggi molto battute come il “Crowfunding” e i “Minibond”.

È importante precisare che usufruirne per le PMI non significa essere obbligate ad abbandonare il canale bancario: i due canali possono essere percorsi parallelamente, soluzione praticata da molte, che preferiscono diversificare le fonti di finanziamento beneficiando di volta in volta dei vantaggi delle varie opzioni.

Secondo l’analisi “AIFI-PwC Italia”, la raccolta complessiva di fondi Private Equity nel 2022 nel nostro Paese è stata pari a 5.920 milioni di euro, ovvero il +3% rispetto all’anno precedente. E non sono da meno i dati che riguardano il Crowdfunding, la formula di microfinanziamento collettivo che in base ai dai dati del report del giugno 2023 realizzato dall’osservatorio italiano del Politecnico di Milano, il tasso di successo delle campagne di Equity Crowdfunding avviate ha raggiunto il 90% di stabilizzazione.

Fra le voci più interessanti spicca l’invoice trading, che secondo i dati degli Osservatori del Politecnico di Milano è uno strumento di finanza alternativa che ha dimostrato una crescita notevole: dal giugno 2019 allo stesso mese dell’anno successivo ha mobilitato 1,157 miliardi di euro con una crescita del 23% rispetto all’anno precedente.

Si tratta di piattaforme di finanza alternativa che permettono di cedere a investitori professionali fatture commerciali a scadenza mediamente di 3-4 mesi spesso poi utilizzate per operazioni di cartolarizzazione.

Per finire con il Private Debt, come sono definiti gli strumenti di debito a disposizione delle Pmi che possono essere sottoscritti da investitori istituzionali come Instant Lending, Direct Lending e Minibond: secondo il report AIFI e Deloitte, lo scorso anno sono riuscite a superare quota 3.200 milioni di euro, ovvero il confortante 43% in più rispetto al 2021. Il report accende i riflettori soprattutto sul primo decennio di Private Debt, dall’esordio del 2013, con una raccolta di 5,4 miliardi di euro messa insieme da 25 operatori tra domestici e internazionali, anche se per più dell’80% italiani.

Alla metà dello scorso anno, le PMI italiane quotate in Borsa erano 192, ma i numeri più attuali dicono che il numero è in calo costante per via di una scarsa attrazione esercitata dalla Borsa e soprattutto dalle difficoltà e i costi del lungo percorso necessario prima di approdare.
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