23 febbraio 2024

Per i giovani under 25 il denaro non è più in contanti

Ormai quasi 7 giovani su 10 alle banconote preferiscono app, contactless e formule di pagamento di digitali. Un processo di smaterializzazione del denaro iniziato durante la pandemia e oggi diventato generazionale

Autore: Germano Longo
Sotto la mattonella sotto cui, secondo la tradizione, i bisnonni dei giovani odierni nascondevano il contante, oggi a parte un po’ di polvere non è rimasto più nulla. Per i loro pronipoti il denaro non è più qualcosa di fisico ma di immateriale, un bene necessario che passa di mano in mano senza che nessuno ci metta mano, per dirla con un paradosso.

Una tendenza che ormai, secondo la “Netcomm NetRetail 2023”, una ricerca pubblicata su Il Sole 24Ore realizzata da “Netcomm”, un hub italiano dedicato ai consumatori digitali, ha contagiato per intero le giovani generazioni, che hanno sostituito quasi del tutto la tradizionale paghetta settimanale con forme di pagamento e formule che spaziano fra il contactless, i sistemi “buy now pay later” e le app come “Satispay”, startup attiva dal 2015 nata dall’idea di tre giovani cuneesi che nel settembre del 2022 è diventata un “unicorno”, come sono chiamate le società che superano il miliardo di euro di valutazione, ed oggi è usata quotidianamente da più di 3milioni di persone che la sfruttano per la facilità con cui permette dividere il conto della pizzeria, inviare e ricevere denaro ad amici e tenere sotto controllo le soglie di spesa settimanali stabilite a priori. Non a caso, per conquistare un target di clienti ancora più giovani, la app ormai presente anche in Francia, Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi ha da poco esteso l’utilizzo anche ai minorenni, partendo da 14 anni in su.

Altrettanto gettonata, fra la GenZ, è “TicketSms”, piattaforma di ticketing digitale che permette di pagare anche a rate i biglietti di eventi di ogni tipo, utilizzata regolarmente da un pubblico che per il 56% è composto da utenti fra 14 e 25 anni.

Secondo la ricerca NetComm, il 66,5% degli italiani con meno di 25 anni ha sostituito il portafoglio fisico con lo smartphone, percentuale che scende leggermente al 59,6% per i giovani in età compresa fra i 25 ed i 34 anni, e cala ancora al 52% fra 35 e 40enni. “L’influenza della Gen Z (i nati fra la fine degli anni ’90 e il primi anni del 2010, ndr), sta spingendo verso strumenti di pagamento digitali, perché più facili e rapidi – commenta Roberto Liscia, presidente di NetComm – questo però implica che, mentre l’esperienza dell’utente nel pagamento digitale online è strettamente correlata al canale (app/pc/smartphone), la complessità del saldo cashless in un negozio passa attraverso due fattori: arrivo alla cassa e uso il pagamento fisico o digitale (e si tratta, quindi, solo di un cambiamento di mezzi) oppure il digitale diventa un’occasione di self service, di complessità tecnologica ed evoluzione dell’esperienza dell’utente ancora in corso”.

Una generazione che si è messa alla guida della transizione digitale dei pagamenti, ormai una normale consuetudine che ha vissuto una forte accelerazione durante gli anni della pandemia, quando proprio il denaro contante era fra i maggiori sospettati di essere veicolo del virus. Una necessità che tre anni dopo si è trasformata in un fenomeno così dilagante da non limitarsi soltanto ai giovanissimi, quelli che secondo un sondaggio commissionato da “facile.it”, ricevono la paghetta settimanale attraverso ricariche su carte prepagate e app, metodi di gran lunga preferiti al più pericoloso contante, ma che ha finito per coinvolgere sempre di più anche le aziende. Lo racconta una ricerca “Mastercard” del giugno dello scorso anno, secondo cui fra le Pmi le carte hanno superato di gran lunga i contanti come mezzo di pagamento preferito.

E malgrado la spinta dei più giovani stia servendo a migliorare la penultima posizione italiana nella classifica europea dei pagamenti digitali, il ritardo nei processi di digitalizzazione fa da freno all’intero settore. Secondo il report “Cashless” di “The European House-Ambrosetti”, solo Romania e Bulgaria usano meno carte di pagamento rispetto al numero di transizioni annue pro-capite.

Un cambiamento inarrestabile ma inesorabilmente lento: un’azienda italiana su 10 non si è ancora decisa ad attivare l’e-commerce, preferendo continuare a servire la propria clientela attraverso i tradizionali canali di vendita. Quelli che piacevano tanto ai nonni e alle loro mattonelle.
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