14 ottobre 2015

CIG-voucher: occhio alla preventiva comunicazione

La mancata comunicazione all’INPS del superamento dei 3.000 euro determina il venir meno della CIG

Autore: Redazione Fiscal Focus
Il lavoratore in CIG che presta attività di lavoro accessorio per un importo superiore a 3.000 euro, e non comunica preventivamente all’INPS lo sforamento del limite massimo, decade dal diritto al trattamento di integrazione. Conseguentemente, per il solo caso di emolumenti da lavoro accessorio che rientrino nel predetto limite, l’interessato non sarà obbligato a presentare all’INPS la comunicazione preventiva di cui all’art. 8, co. 3 del D.Lgs. n. 148/2015.

A chiarirlo è l’INPS con la circolare n. 170/2015 che fornisce utili chiarimenti operativi circa la compatibilità e cumulabilità del lavoro accessorio con le prestazioni di sostegno al reddito.

Lavoro accessorio - Nell’ambito della revisione dei contratti di lavoro, il D.Lgs. n. 81/2015 agli artt. 48-50 del Capo VI ha ridefinito il campo di applicazione e la disciplina del lavoro accessorio, abrogando così la previgente normativa di cui agli articoli 70 -73 del Decreto legislativo n. 276 del 2003. Le novità, che vanno sostanzialmente nell’ottica di consentire il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative in tutti i settori produttivi, garantendo, nel contempo, la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, consentono il ricorso a tale istituto per attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile (in precedenza il limite era di 5.000 euro), annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Mentre la prestazione resa nei confronti di ciascun imprenditore commerciale o professionista, fermo restando il limite dei 7.000 euro annui, non può comunque superare i 2.000 euro.
Per quanto concerne l’acquisto dei voucher bisogna fare un distinguo tra i committenti imprenditori e liberi professionisti e committenti non imprenditori o professionisti. I primi possono acquistare i buoni esclusivamente attraverso:
• la procedura telematica INPS (cosiddetto voucher telematico);
• tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS – FIT e tramite servizio internet Banking Intesa Sanpaolo;
• Banche Popolari abilitate.

Di converso, i committenti non imprenditori o professionisti possono continuare ad acquistare i buoni, oltreché attraverso i canali sopra descritti, anche presso gli Uffici Postali di tutto il territorio nazionale.

Non possono essere, dunque, acquistati buoni lavoro cartacei presso le sedi INPS, ad eccezione, e comunque fino al 31 dicembre 2015, di quelli riferiti alla corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting introdotti, in via sperimentale, dall’articolo 4, comma 24, lettera b) della Legge n. 92/2012 per il triennio “2013–2015”.

Percettori a sostegno del reddito – Con riferimento ai percettori di sostegno al reddito, la nuova disciplina conferma la stabilizzazione dell’utilizzo dei voucher, prevedendo, come precisato poc’anzi, che le prestazioni di lavoro accessorio possano essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nei limiti del patto di stabilità e nel limite complessivo di 3.000 euro (4.000 euro lordi) di corrispettivo per anno civile.

Sul punto, l’INPS conferma che la norma deve essere interpretata, nell’ottica costituzionalmente orientata di tutela del lavoratore, come applicabile anche alle fattispecie in esame sorte già nel periodo del 2015 precedente alla sua entrata in vigore (25 giugno 2015). Ciò al fine di garantire un’equiparazione tra lavoratori percettori di prestazioni a sostegno del reddito che abbiano percepito redditi tramite voucher tra il 1° gennaio 2015 e il 24 giugno 2015 e quelli che abbiano percepito tali redditi fino al 31 dicembre 2014 e a partire dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2015).

Indennità di mobilità - In relazione all’indennità di mobilità, e a far data dal 1° gennaio 2015, l’INPS conferma la totale cumulabilità con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di euro 3.000 per anno civile.

Mentre per i compensi che superano detto limite, fino a 7.000 euro per anno civile, il reddito derivante dallo svolgimento del lavoro accessorio sarà compatibile e cumulabile con l’indennità di mobilità nei limiti previsti dall’articolo 9, comma 9, della Legge n. 223 del 1991.

Attenzione. Il beneficiario dell’indennità di mobilità è tenuto a comunicare all’INPS, entro cinque giorni dall’inizio dell’attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di indennità di mobilità, il reddito presunto derivante dalla predetta attività nell’anno solare, a far data dall’inizio della prestazione di lavoro accessorio.

Disoccupazione agricola – Analoga compatibilità è prevista per i trattamenti di disoccupazione agricola. Unica precisazione, in tal caso, riguarda l’applicazione della norma in argomento, in considerazione del fatto che l’indennità di disoccupazione agricola viene richiesta ed erogata nell’anno successivo a quello in cui si è verificato lo stato di disoccupazione. Pertanto, la cumulabilità con tale prestazione deve essere valutata con riferimento all’eventuale attività di lavoro accessorio svolta nell’anno di competenza della prestazione.

CIG – Confermata l’integrale cumulabilità, entro i 3.000 euro, anche per le integrazioni salariali. Mentre per i compensi compresi tra i 3.000 e 7.000 euro per anno civile, si applica la disciplina ordinaria sulla compatibilità ed eventuale cumulabilità parziale della retribuzione. Quindi, per il solo caso di emolumenti da lavoro accessorio che rientrino nel limite dei 3.000 euro annui, l’interessato non sarà obbligato a presentare all’INPS la comunicazione preventiva di cui all’art. 8, co. 3 del D.Lgs. n. 148/2015. Viceversa, la suddetta comunicazione preventiva andrà resa prima che il compenso determini il superamento del predetto limite dei 3.000 euro, anche se derivante da più contratti di lavoro accessorio stipulati nel corso dell’anno, pena la decadenza dalle integrazioni salariali.
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