7 aprile 2014

Pensione. L’integrazione minima si dà solo in casa

L’integrazione minima non è esportabile in Paesi UE differenti dallo Stato di erogazione

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – I titolari dell’integrazione della pensione minima che cambiano residenza in uno Stato dell’UE, perdono il diritto a tale prestazione. Infatti, per la quota di pensione che consente di raggiungere il livello minimo pensionistico (501,38 euro) vige il principio dell’inesportabilità, in quanto vengono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui gli interessati risiedono in base ai criteri previsti dalla legislazione dello Stato interessato. A renderlo noto è l’INPS con il messaggio n. 3770/2014, a seguito di alcuni quesiti provenienti dalle Sedi in materia d’inesportabilità dell’integrazione al trattamento minimo con riferimento a titolari di pensione residenti in Stati entrati a far parte dell’UE.

L’integrazione – Nel caso in cui l'importo calcolato sulla base della contribuzione effettivamente versata risulti inferiore a una certa cifra (il minimo stabilito dalla legge), si procede alla cosiddetta integrazione, che rappresenta quindi la differenza, a carico dello Stato, tra la quota effettivamente maturata e la soglia stabilita (l'integrazione al minimo non è invece prevista per la pensione calcolata interamente con il criterio “contributivo”). Le condizioni richieste affinché scatti l'integrazione sono due: il richiede la pensione non deve avere altri redditi Irpef di importo superiore al doppio del minimo; il reddito complessivo della coppia (pensionato e relativo coniuge) non deve superare l'importo annuo di 4 volte il minimo.

Regolamentazione comunitaria – Le “prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo”, aventi caratteristiche sia delle prestazioni assistenziali che di quelle previdenziali, sono disciplinate dall'art.70 del regolamento (Ce) n. 883/2004. Tali prestazioni, se elencate nell'allegato X del regolamento, sono considerate inesportabili negli Stati membri, quindi vengono erogate esclusivamente nel Paese in cui gli interessati risiedono in base ai criteri previsti dalla legislazione di detto Stato. In particolare, sono a carico dell'istituzione del luogo di residenza: le pensioni sociali; le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili; le pensioni e le indennità ai sordomuti; le pensioni e le indennità ai ciechi civili; l’integrazione della pensione minima; l’integrazione dell’assegno di invalidità; l’assegno sociale; la maggiorazione sociale. Di conseguenza, conclude il messaggio, i residenti in Paesi entrati a far parte dell'Ue, titolari di pensione in regime nazionale o internazionale, che abbiano perfezionato i requisiti per l'attribuzione dell'integrazione al trattamento minimo prima dell'ingresso dello Stato nell'Unione europea, mantengono anche dopo tale data il diritto al pagamento dell'integrazione, sempreché soddisfino i requisiti previsti dalla normativa di riferimento. Al contrario, in applicazione del citato principio dell'inesportabilità, non potranno essere corrisposte integrazioni al trattamento minimo i cui requisiti, in particolare reddituali, si siano perfezionati in capo al titolare di pensione residente all'estero in data successiva all'ingresso dello Stato nell'Unione. Ciò detto, ai fini del mantenimento dell’integrazione al trattamento minimo non solo la decorrenza del trattamento pensionistico deve collocarsi anteriormente alla data di ingresso dello Stato nell’Unione europea, ma devono essere soddisfatte, prima di detta data, tutte le condizioni, previste dalla normativa nazionale, per l’attribuzione dell’integrazione al trattamento minimo.
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