Nonostante i segnali di ripresa, gli italiani continuano a dimostrare una grande cautela nei rapporti d’affari. Cittadini e imprenditori sono più che prudenti nell’accettare promesse di pagamento, con il risultato di un peso più leggero di cambiali e assegni non onorati in circolazione. Il calo più consistente è quello degli assegni: -23% nei primi tre mesi di quest’anno rispetto al 2014, a fronte di una riduzione nel numero delle cambiali che si è fermata al -19,2%. Questi alcuni dei dati più significativi che emergono dall’analisi sull’andamento dei protesti, a partire dal 2011 fino al primo trimestre 2015, sulla base dei dati raccolti dalle Camere di Commercio ed elaborati da InfoCamere per conto di Unioncamere.
Osservando gli ultimi quattro anni, l’indagine evidenzia una più marcata frenata degli assegni andati in fumo, sia nel numero che nel valore: rispetto al 2011, nel 2014 il numero complessivo dei pagherò modello 'cabriolet' si è esattamente dimezzato, passando da 341.544 a 170.724 con una riduzione in valore totale del 58%.
Nello stesso periodo il monte delle cambiali si è assottigliato “solo” del 24% in termini di numerosità e del 41,4% in valore, con il risultato che alla fine del 2014 il totale dei protesti circolanti in Italia risulta composto per l’80,6% da cambiali e per il 18,7% da assegni (a fronte di una ripartizione, nel 2011, che vedeva rispettivamente le cambiali al il 73,2 e gli assegni al 25,8%).
Un’ulteriore indicazione della contrazione delle attività economiche determinata dalla crisi viene dal valore medio degli effetti protestati: se nel 2011 un protesto valeva in media 2.673 euro, nel 2014 questo valore si è assottigliato di ben 727 euro, scendendo a 1.946 euro, mentre per le cambiali la riduzione media è stata di 416 euro (da 1.823 a 1.406).
L’analisi territoriale dei dati mostra come i protesti siano diminuiti, sia nel numero sia nel valore complessivo, più sensibilmente nel Centro (rispettivamente -25,7 e -39,9%). Osservando le regioni, nel 2014 la frenata più vistosa nel complesso dei protesti si registra nelle Marche (-28,1%), seguite da Abruzzo (-26,7%) e Veneto (-26,4%). Unica regione in controtendenza è la piccola Valle d’Aosta, dove l’anno scorso il numero dei protesti è cresciuto del 9,7%. Anche in termini monetari lo stop più evidente si è registrato nelle Marche (-48,3% rispetto al 2013) con a ridosso la Sardegna (-44,6%) e il Lazio (-39,1%).
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