2023, che sia l’anno delle semplificazioni

È l’ultimo dell’anno. Giorno di euforia o, come preferisco, di bilanci. Tema caro a noi commercialisti, se non altro per deformazione professionale. Un giorno in cui, probabilmente più degli altri, si ha la consapevolezza di come un anno, aggiungendosi agli altri, va via e non tornerà più.

Dal punto di vista professionale il 2022 è stato un anno di transizione, dalla pandemia e le sue straordinarietà, all’attività ordinaria. Un anno in cui si è progressivamente parlato meno di Temporary Framework, benché riproposto, in salse diverse, a causa della crisi energetica, e più di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un anno diverso dai due precedenti che, chiudendosi, speriamo dia spazio alla normalità.

L’ultimo giorno dell’anno è anche il giorno in cui la manovra finanziaria arriva sui nostri tavoli. La solita manovra finanziaria, che nasce ordinata e organica nel disegno di legge presentato al Parlamento, ma viene puntualmente stravolta nel percorso parlamentare, quest’anno più breve del solito. Venti articoli dove solo il primo è composto da 903 commi, senza titoli o rubriche. Come ogni anno saremo costretti alla solita ricerca al tesoro, dove anche solo individuare alcune disposizioni nel mare della manovra risulterà un lavoro di difficile realizzazione. La solita manovra di tanti anni, che si ripete.

Piuttosto, a proposito di consapevolezze, oggi abbiamo la certezza di come, anche quest’anno, la semplificazione annunciata non sia arrivata. Niente testi unici, niente delega unica, niente obbligo di risposta da parte della Amministrazione Finanziaria alle istanze dei contribuenti. Insomma, niente che semplifichi realmente il lavoro degli operatori del mondo contabile e tributario.

Nonostante il sapore amaro dell’ennesima delusione, siamo ancora qui a sperare, inconsciamente, che anche l’ordinamento tributario italiano possa, prima o poi, cambiare. Pertanto, buona fine e buon principio, nella speranza di un 2023 ricco di semplificazioni.