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Precisazioni in merito al contenuto delle retribuzioni erogate ai dipendenti e modalità di effettuazione delle verifiche presso gli istituti di credito in relazione agli strumenti di pagamento necessari per il relativo pagamento tracciabile. È questo il contenuto della nota n. 7369 del 10 settembre 2018, emanata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e rivolta al personale ispettivo.
Va ricordato che la Legge di Bilancio 2018 ha disciplinato, in modo specifico, le modalità di corresponsione della retribuzione in favore dei lavoratori dipendenti.
L’articolo 1, commi da 910 a 913, della legge n. 205/2017, infatti, dispone che, a partire dal 1° luglio 2018, i datori di lavoro o committenti, devono corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
Rientrano nella disposizione anche ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed i contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Le nuove regole non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni ed a quelli rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Si prevede, inoltre, al comma 913, che al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di non erogare le retribuzioni per mezzo di denaro contante, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
La nota dell’INL - Il documento chiarisce che l’utilizzo degli strumenti tracciabili per il pagamento delle retribuzioni, non è obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (es: anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti.
Per quanto riguarda l’indennità di trasferta, in considerazione della natura "mista" della stessa (risarcitoria e retributiva) l’Ispettorato ritiene, comunque, necessario ricomprenderla tra le somme rientranti nell’ambito degli obblighi di tracciabilità. Non rientrano in detto obbligo le somme versate esclusivamente a titolo di rimborso (chiaramente documentato) che hanno natura solo restitutoria.
Ciò in quanto rientra nella ratio della disposizione in esame mettere in condizione il personale ispettivo, è scritto nella nota, “di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore "forfettariamente", anche al fine di verificare il rispetto dei limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferte (art. 51, comma 5, del TUIR)”.
Circa i controlli da eseguire da parte degli ispettori sulle altre tipologie degli strumenti tracciabili, il documento stabilisce, in sintesi:
Un’altra osservazione riguarda il pagamento della retribuzione con denaro contante anziché con strumenti tracciabili.
Come già evidenziato, le nuove disposizioni non trattano in merito alla indeducibilità del costo inerente al personale dipendente, nel momento in cui la retribuzione viene corrisposta con denaro contante. Tuttavia, spesso dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, emergono violazioni che, certamente non porteranno alla indeducibilità del costo del personale dipendente per effetto del pagamento in contante della retribuzione, ma potrebbero comportare emersione di costi in “nero”, con tutte le conseguenze sanzionatorie che possono essere riscontrate dai verbalizzanti.
In più, ed è questo l’aspetto più importante, mentre prima non esisteva una norma che imponeva al datore di lavoro il pagamento degli stipendi con strumenti diversi dal contante, dopo la novella introdotta dalla Legge di Bilancio 2018, sussiste un preciso obbligo che deve essere, in ogni caso, osservato. È consigliabile dunque osservare il precetto normativo.
Un’ultima riflessione. È necessario comprendere se gli amministratori di società di capitali rientrano o meno nelle nuove regole. Dal tenore letterale del citato comma 912, gli amministratori dovrebbero essere esclusi, in quanto difficilmente il mandato viene svolto in forma subordinata, anche se il reddito prodotto è annoverato tra i redditi assimilati al lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR.
Sembra opportuno, quindi, un chiarimento sul punto, al fine di evitare effetti sanzionatori in capo a dette società.
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