7 maggio 2015

Blocco perequazione. Il vademecum dei CdL per il recupero

Ecco le istruzioni dei CdL per vedere riconosciuti i propri diritti, dopo la bocciatura da parte della Consulta

Autore: Daniele Bonaddio
È di circa 6 miliardi di euro il deficit lasciato sulle spalle delle finanze pubbliche da parte dell’ex Governo Monti. Importo, questo, che dovrà essere ora restituito ai pensionati che si sono visti bloccare gli assegni pensionistici (superiori a tre volte il minimo INPS) per il biennio “2012-2013”, in quanto sono stati violati due principi fondamentali della Costituzione: ossia quello della “proporzionalità” (art. 36) e dell’”adeguatezza” (art. 38).

Per riscuotere l’importo che non è stato corrisposto, sarà necessario presentare domanda amministrativa all’INPS attraverso il Pin personale o gli intermediari abilitati. L’Istituto previdenziale ha 120gg di tempo dalla data di presentazione della domanda per pronunciarsi; se questo termine dovesse spirare senza alcuna risposta, il contribuente potrà intraprendere un’azione giudiziaria.

A darne notizia è la Fondazione Studi CdL con la Circolare n. 10/2015 fornendo un utile vademecum in favore dei pensionati per poter avviare la procedura di recupero dei crediti.

Corte Costituzionale, sentenza n. 70/2015 - In particolare, stiamo parlando dell’ormai famosa sentenza n. 70/2015 della Corte di Costituzione che ha giudicato incostituzionale il blocco della perequazione delle pensioni, operato in riferimento al biennio “2012-2013”, dell’art. 24, co. 25 della c.d. Manovra “Salva-Italia” (L. n. 201/2011).
La norma appena menzionata aveva disposto la rivalutazione piena - e quindi al 100% dell’indice FOI - solo per le pensioni non superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS dell’anno precedente di competenza della rivalutazione, che per l’anno 2011 era pari a 1.405,05 euro.
Inoltre era stata prevista la rivalutazione per le pensioni di importo compreso tra 1.405,05 euro e 1.443 euro (3 volte il trattamento minimo rivalutato) fino al valore di 1.443 euro.
Quindi, tutti i trattamenti pensionistici di importo superiore a 1.443 euro non venivano rivalutati all’indice inflattivo di riferimento per la totalità del loro importo.

Tale blocco, però, è stato giudicato in contrasto con gli artt. 36 e 38 della Costituzione, e quindi con i principi di “proporzionalità” e “adeguatezza” cui deve necessariamente ispirarsi la legislazione in materia di misura dei trattamenti pensionistici segnatamente riferita agli aspetti legati alla perequazione ovvero alla conservazione del potere di acquisto delle pensioni nel tempo.

Gli effetti - L’effetto principale della sentenza riguarda il diritto dei titolari dei trattamenti pensionistici di esigere il credito spettante per l’appunto dalla rivalutazione non riconosciuta e il diritto a ricevere vita natural durante il ricalcolo della pensione attualmente in pagamento per la cui misura non si è tenuto conto della rivalutazione non attribuita e invece spettante.

Secondo le prime stime da parte della Fondazione Studi CdL, la mancata rivalutazione - fino al mese di maggio 2015 - avrà un impatto di circa 6 miliardi di euro sulle finanze pubbliche.
Conti alla mano, su un importo pensionistico di 1.800 euro (lordo) l’importo cui avrebbe diritto il titolare della pensione a titolo di recupero delle somme non versate negli anni 2012-2013-2014-2015 ammonterebbe al netto degli effetti fiscali a 2.677,67 euro.
Inoltre il titolare della pensione avrebbe diritto ad un ricalcolo vita natural durante della pensione, che passa da un valore attuale lordo di 1.824 euro a un valore di 1926,81 euro.

Restituzione somme
- Per vedere restituita la somma, la procedura partirà dal deposito della domanda amministrativa da presentare o tramite il PIN personale o tramite gli intermediari abilitati. Successivamente, andrà barrata la casella “altre ipotesi” o “ricalcolo per motivi di reddito” e dovranno essere allegati tutti i documenti relativi al reddito personale e del coniuge, oltre alla specificazione della tipologia della pensione (numero e categoria), della data di matrimonio e le coordinate IBAN per i pagamenti.

L’INPS, dal canto proprio, potrà: procedere con l’accoglimento dell’istanza, disponendo il relativo pagamento; rigettare l’istanza; procedere con un accoglimento parziale, oppure non rispondere. Trascorsi 120 giorni dalla data di presentazione, senza che l’Istituto si sia pronunciato, sarà possibile proporre azione giudiziaria per la quale sarà comunque necessaria l’assistenza legale, dato che la competenza in materia è riservata al giudice del lavoro.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy