14 maggio 2012

Casse private. Quali criteri per la sostenibilità?

Sono allo studio alcune misure per garantire l’equilibrio finanziario delle Casse di previdenza autonome
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Come è noto, la manovra “Salva-Italia” (L. n. 214/2011, di conversione al D.L. n. 201/2011) ha introdotto consistenti novità sul fronte previdenziale ed assistenziale, che modificano radicalmente i modi e le tempistiche per accedere ai trattamenti pensionistici. Infatti, per garantire la sostenibilità dei conti pubblici il Governo ha ritoccato vari aspetti tra cui: l’innalzamento dell’età pensionabile, l’introduzione del metodo di calcolo contributivo per tutti, il bloccodelle rivalutazioni dei trattamenti pensionistici pari al triplo del minimo per il biennio 2012-2013. A tal proposito, non da meno è il vincolo introdotto nei confronti delle Casse previdenziali dei professionisti, anche se su questo punto l’effettiva sostenibilità va verificata su diversi aspetti, quali: l’andamento del Pil, la stabilità dei rapporti di lavoro e, in particolare, il raggiungimento di un adeguato tasso di sostituzione, confrontando il trattamento pensionistico derivante dal sistema previdenziale di base e quella complementare.

La sostenibilità –Dunque, all’art. 24, c. 24 della manovra “Salva-Italia” viene imposto a tutte le casse di previdenza autonome, comprese quelle dei liberi professionisti, di assicurare, entro il 30 settembre 2012, l’equilibrio finanziario delle rispettive gestioni, adottando misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spese per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti a un arco temporale di 50 anni.

Il nodo –Come accennato in premessa per garantire l’efficacia della disposizione su richiamata bisogna verificarne l’effettiva sostenibilità sull’adeguatezza dell’assegno pensionistico. A tal fine, gli attuari sono attualmente a lavoro per mettere a disposizione del Governo tecnico tutte le loro competenze per reimpostare tutto il sistema previdenziale basato sulle due componenti: trattamento previdenziale base e quella complementare, calcolato ormai sul sistema di calcolo contributivo, con l’obiettivo di raggiungere dunque un tasso di sostituzione adeguato per tutti.

La previdenza di base –A tal proposito, il presidente del Consiglio nazionale degli attuari, precisa che la riforma non ha tenuto conto della “via maestra” da utilizzare per la verifica di tale sostenibilità, vale a dire il bilancio tecnico attuariale che tiene conto anche del patrimonio, dei relativi proventi e delle spese generali. Solo così, infatti, si potrà valutare correttamente l’equilibrio delle Casse. Inoltre, si sta pensando di introdurre anche un margine di solvibilità, necessario per quelle Casse di previdenza basate ancora in tutto o in parte sul sistema retributivo. Si tratterebbe di applicare una formula standard basata su criteri tecnici-attuariali, in modo tale da rispecchiare i rischi reali delle singole Casse.

Previdenza complementare –Altro fattore su cui bisogna intervenire è la previdenza complementare, poiché rischia di non assolvere alla sua funzione, vale a dire fornire prestazioni che, sommate a quelle della previdenza di base, siano sufficienti a raggiungere un tasso di sostituzione adeguato. Su questo punto gli attuari stimano che dal primo giorno di attività bisogna versare il 10% del proprio reddito da lavoro per disporre di un’adeguata rendita complementare al momento del pensionamento.

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